Guerra in Israele

E loro si dividono. L'estrema sinistra non vota il testo della maggioranza contro Hamas

Mentre il Medio Oriente è in fiamme, nei corridoi di Montecitorio va in scena una sorta di commedia degli equivoci e dei dispetti

E loro si dividono. L'estrema sinistra non vota il testo della maggioranza contro Hamas

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E loro si dividono. L'estrema sinistra non vota il testo della maggioranza contro Hamas

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Mentre il Medio Oriente è in fiamme, nei corridoi di Montecitorio va in scena una sorta di commedia degli equivoci e dei dispetti - degna di tempi meno drammatici - tra maggioranza e opposizione, e dentro la stessa opposizione.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si presenta alla Camera per svolgere la sua informativa sull'attacco contro Israele. Denuncia «l'unico responsabile di questa folle spirale di violenza», ossia Hamas, assicura che per l'Italia «la sola via per la pace è la soluzione di due Stati» e non nasconde di auspicare una «conclusione unitaria» del dibattito, consapevole che una spaccatura sarebbe deleteria per la credibilità internazionale del paese. Persino il «rosso» Nicola Fratoianni ammette che l'intervento del ministro è «equilibrato». Ma la strada verso un voto unitario - che alla fine ci sarà, ma dopo litigi e mediazioni infinite, e mascherato dietro il balletto dei voti incrociati su diverse risoluzioni - si rivela subito in salita. Le trattative tra governo e centrosinistra erano partite lunedì notte sotto i migliori auspici, tanto che ieri mattina il responsabile esteri Pd Peppe Provenzano tendeva la mano: «Dobbiamo dare un segnale di unità nella condanna contro Hamas e nella solidarietà ad Israele» e al suo «diritto di difendersi». Ma poco dopo tutto si arena. Colpa delle spaccature interne al centrosinistra, accusano dalla maggioranza, in cui l'ala sinistra «resta ambigua nella condanna di Hamas». Colpa di «un intervento a gamba tesa di Palazzo Chigi, tramite il sottosegretario Fazzolari», accusa invece il Pd. Si racconta che, dietro le quinte, ci sia stata tensione anche nel governo, tra Tajani che lavorava all'intesa e lo stesso Fazzolari, spalleggiato dall'ala dura della Lega che punta il dito contro i 5s: «Vogliono annacquare il no ai finanziamenti ad Hamas».

«Non ci hanno ancora fatto vedere il loro testo - denunciava a ora di pranzo il capogruppo dem Boccia - il loro giochino mira a spaccare l'opposizione, ma in una fase simile è semplicemente incosciente». Quando poi il testo arriva, il centrosinistra lo bolla come «invotabile» perché «ci hanno voluto infilare le parole contro gli aiuti umanitari ai palestinesi del loro amico orbaniano, il commissario Vahrely. Parole smentite dalla stessa Ue», spiega la dem Lia Quartapelle.

E l'obiettivo di dividere l'opposizione, ovviamente, si rivela facile. Ognuno fa per sé, e a un certo punto si contano 4 mozioni di opposizione: Terzo Polo, +Europa, Rosso-verdi (Avs) e poi Pd e 5s.

Lo stato maggiore dem (arriva anche la segretaria Elly Schlein) tenta disperatamente di compattare il fronte, manda emissari a trattare con Richetti e Magi, ma riesce a recuperare solo Fratoianni e Bonelli, che fanno infilare un passaggio contro i coloni israeliani. Nel frattempo però è Tajani, con l'avallo della premier Giorgia Meloni, a rimettere in moto la mediazione per evitare il tutti contro tutti in aula. La seduta viene sospesa, il vice-premier convoca Provenzano e la capogruppo dem Chiara Braga e propone il disarmo bilaterale: «Noi diamo parere favorevole al vostro testo, salvo il passaggio anti-coloni, e voi votate il nostro». Affare fatto: tutti votano i testi di tutti, e la condanna contro Hamas è unanime.

Sull'Aventino resta solo Avs, che rifiuta di votare con la maggioranza.

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