Politica

Ecco la nave delle Ong italiane. È sfida sulla pelle dei disperati

La "Mare Ionio" salpa per "monitoraggio, testimonianza e denuncia". Non contro i trafficanti, ma per fare politica

Ecco la nave delle Ong italiane. È sfida sulla pelle dei disperati

Per ora l'unico naufrago tirato a bordo è quel Nichi Vendola caduto dalla tolda della politica anni fa e ripescato oggi dalle impenitenti Ong italiane decise a tornare in mare. A far cosa non si capisce, visto che davanti alla Libia opera la Guardia Costiera di Tripoli mentre i porti italiani restano assolutamente chiusi. E Matteo Salvini non ci ha messo molto a ricordarlo «Fate quello che volete, prendete il pedalò, andate in Tunisia, Libia o Egitto ha annunciato via Facebook - ma in Italia nisba. Potete raccogliere chi volete però in Italia non ci arrivate».

A loro poco importa. Riuniti in un consorzio a cui partecipano Arci nazionale, Ya Basta di Bologna, la Ong Sea-Watch, il magazine online I Diavoli e l'impresa sociale Moltivolti di Palermo contano sul sostegno politico e finanziario di Vendola e di un terzetto di parlamentari di Leu (Liberi ed Uguali) composto da Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto e Rossella Muroni. Tutti insieme appassionatamente annunciano l'avvio della missione «Mediterranea» durante la quale il rimorchiatore «Mare Ionio», salpato mercoledì notte dal porto di Augusta, «pattuglierà» le coste libiche. Come orgogliosamente sottolineato «Mediterranea» è una missione tutta italiana affidata a una nave, il «Mare Ionio» appunto, battente bandiera nazionale. Chiarito questo, tutto il resto è assai fumoso.

Il rimorchiatore, seppur predisposto per il soccorso in mare, non effettuerà salvataggi perché privo di autorizzazioni, ma solo attività di «monitoraggio, testimonianza e denuncia». E infatti a scortarlo ci sarà il «Burlesque», una barca d'appoggio spagnola con a bordo giornalisti e attivisti pronti a far pubblicità alla missione. La prima tappa di questa «ricognizione» umanitaria saranno le acque in cui opera Astral il veliero degli spagnoli di Open Arms . «Quella di Mediterranea - spiegano dal Mare Ionio - è un'azione di disobbedienza morale e al contempo di obbedienza civile. Disobbediamo al prevalente discorso pubblico delle destre nazionaliste obbedendo alle leggi del mare, del diritto internazionale e della nostra Costituzione che prevedono l'obbligatorietà del salvataggio». Insomma niente di nuovo.

Al pari delle Organizzazioni non governative straniere non puntano a combattere trafficanti e tratta di umani, ma a sfruttarla per rilanciare il proprio messaggio politico. Un messaggio rivolto ad annullare le differenze tra migranti regolari e irregolari e aprire le porte dell'Europa non solo a chi fugge da guerre e carestie, come prevedono le leggi internazionali, ma a chiunque cerchi fortuna. Un progetto che garantisce a sinistra radicale e organizzazioni umanitarie i finanziamenti delle grandi multinazionali decise a far cadere le frontiere e demolire qualsiasi forma di sovranità nazionale pur d'importare manodopera a basso costo e ampliare il mercato dei consumatori. E proprio per questo «Mediterranea» torna in mare nonostante manchino i migranti e i naufraghi da ripescare.

Perché l'importante non è salvare vite, ma lanciare messaggi politici.

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