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Ecco come sarà il condono fiscale

Così sparirà il reato di frode: in Italia potrebbero tornare 80 miliardi. Il premier conta di incassare 12-15 miliardi

Ecco come sarà il condono fiscale

Tanto per essere chiari, se il condono per i reati fiscali di cui si discuterà la settimana prossima alla Camera si fosse applicato al caso di Silvio Berlusconi, l'ex premier non sarebbe oggi ai servizi sociali. Sarebbe, dal punto di vista fiscale, pulito come un giglio. I giudici non l'avrebbero potuto condannare, la Banca d'Italia non lo avrebbe potuto obbligare a vendere la quota in Mediolanum e nessuno avrebbe toccato il suo seggio al Senato. Vediamola diversamente: chi ha commesso negli anni scorsi frode fiscale sottofatturando (per fare un esempio) e costituendo fondi neri all'estero, dal punto di vista penale la farà franca. Nessun giudizio di valore: basta dare uno sguardo alla legge oggi alla Camera.

Andiamo per ordine e cerchiamo di capire bene cosa sta succedendo sulla cosiddetta Voluntary disclosure (vi prometto che non la chiameremo più così). Si parte da una considerazione banale. Secondo i dati della Banca d'Italia, fuori dai confini nazionali ci sono ancora 250 miliardi di euro. Una bella sommetta. Una buona parte di questi quattrini si trova fuori, grazie ai nonni e ai padri. Non si fidavano dell'Italia e costituivano all'estero dei bei gruzzoletti. Ma non ci sono solo loro. Oltre le Alpi sono finiti anche i profitti aziendali, alla ricerca di paradisi fiscali. I sistemi sono essenzialmente due. Il primo si chiama sottofatturazione. La società Alfa vende a prezzo poco più che vile alla società Beta, residente all'estero, e questa a sua volta rimette sul mercato facendo profitto. La società Alfa residente in Italia non realizza così utili e la Beta (del medesimo proprietario) al contrario si porta a casa un sacco di quattrini con tassazione agevolata. Questo imprenditore risulta povero a casa nostra, ma decisamente ricco all'estero. Un secondo giochetto è quello di contabilizzare fatture per operazioni inesistenti. Banalmente, la solita società Alfa paga commissioni elevate per servizi alla Beta. Costituendo per questa strada fondi all'estero, dietro fatture sostanzialmente false. Spesso per consulenze inesistenti.

Entrambi i comportamenti configurano un reato punibile con pene fino a sei anni di carcere, che si chiama frode fiscale. Attraverso questi meccanismi, un tempo più semplici di oggi, alcuni imprenditori italiani hanno contribuito a creare i 250 miliardi di fondi all'estero.

È su questo bottino che vuole mettere le mani il Fisco. Con il condono, che ha svelato ieri sul Giornale Fabrizio Ravoni, si apre un'autostrada per far ritornare questo tesoretto in Italia.

La procedura è complicata, ma possiamo sintetizzarla. L'imprenditore si presenta all'Agenzia delle entrate, dalla signora Orlandi, e le dice: ho peccato. Voi non lo sapete, ma sono un evasore. Detengo questi soldi all'estero che derivano da queste attività, come dimostro con queste carte bancarie (bonifici, accrediti, fatture, tutto quanto sia necessario per raccontare la nascita del fondo nero) e dunque ho evaso l'imposta per tot euro. Ecco qua i soldi. Ma voi in compenso mi cancellate il reato fiscale di frode e mi annullate (sostanzialmente) tutte le sanzioni e multe che sono previste dall'ordinamento.

L'imprenditore non va in galera e non viene martellato dalle multe. Ma paga tutto il dovuto relativo agli ultimi dieci anni di imposta evasa (quelli precedenti sono prescritti). Ovviamente questo giochetto può valere solo per chi non sia stato già pizzicato dalla Guardia di finanza o dall'Agenzia. La procedura deve essere di spontanea confessione. E comunque gli uomini del Fisco spulciano le carte, per controllare che non si paghi meno del dovuto.

Si tratta di un affare? Per l'imprenditore che ha paura della galera e di essere beccato certamente sì. E anche per il Tesoro che non è detto che riesca a mettere le mani sul maltolto. I costi sono decisamente superiori a quelli dei vari scudi fiscali che garantivano l'anonimato, ma non un condono penale così forte e resistente. Infatti, oltre a cancellare il reato di frode fiscale, il legislatore ha previsto che si cassi anche quello di riciclaggio per chi ha aiutato la nostra società Alfa a ripulire i suoi proventi all'estero. Dal punto di vista fiscale si pagano però tutte le imposte evase. Certo per chi si è beccato il gruzzoletto del nonno in eredità è una pacchia. Le imposte evase sono solo quelle di successione e di rendimento del capitale: se la può cavare con un 8-9 per cento del patrimonio. Per l'imprenditore che ha sottofatturato o per il privato che ha fatto movimenti negli ultimi dieci anni sul conto all'estero, invece, l'aliquota rischia di essere quella ben più elevata del reddito (dunque con tutta probabilità, visti i soggetti e i patrimoni all'estero, si parla di almeno il 40 per cento).

È inutile fare i moralisti. Il Tesoro ha fame di quattrini e sa perfettamente che all'estero ce ne sono tanti. Per la Finanza non sarà facile scovarli. Sa che il modo migliore per farlo è garantire l'impunità penale e ridurre le sanzioni. Entrambe elevate negli ultimi anni. Così facendo ci si augura di portare a casa almeno un terzo dei fondi illegittimamente detenuti all'estero e cioè un'ottantina di miliardi. Per un'aliquota media che ci si aspetta essere tra il 15 e il 20 per cento. Una manna per Padoan e i suoi.

Certo con qualche piccolo problemino di equità nei confronti di quegli italiani perseguiti e bastonati per i reati di frode fiscale già accertata.

 

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