Cronache

Età e rito abbreviato. Le belve rischiano solo tre anni di carcere

Ecco tutti gli sconti di pena di cui potranno godere. E non vedremo mai i loro volti

Età  e rito abbreviato. Le belve rischiano solo tre anni di carcere

Potremmo non sapere mai come si chiamano. E nel giro di due o tre anni potrebbero essere di nuovo in circolazione, a meno che non vengano davvero rispediti in patria con la scorta della polizia. Eh sì, perché i due giovani marocchini che si sono costituiti per lo stupro della turista polacca saranno anche delle belve spietate, ma per la legge italiana sono a tutti gli effetti dei minorenni. E quindi verranno trattati con i riguardi che la normativa del Belpaese riserva a chi - anche se ha i comportamenti di un adulto violento e spietato - non ha ancora compiuto la maggiore età.

Il primo trattamento di favore gli stupratori di Rimini lo stanno già ricevendo dal punto di vista mediatico. Le loro facce non finiranno sui giornali, i loro nomi resteranno top secret: lo prevedono sia il codice penale che la «Carta di Treviso», le norme deontologiche che tutti i giornalisti devono rispettare. Se un cronista riuscisse a sapere i loro nomi e li pubblicasse, finirebbe sotto procedimento disciplinare.

Ma la mano morbida si farà sentire soprattutto nel processo. Vista la brutalità con cui hanno realizzato la loro impresa, è probabile che i due vengano accusati di «violenza sessuale aggravata», punita dal codice con il carcere da sei a dodici anni. Ma essendo minorenni verranno giudicati con l'indulgenza che la legge del 1988 prevede nei loro confronti, e che secondo un documento del ministero della Giustizia si basa su principi importanti tra i quali quello della «minima offensività del processo» e della «destigmatizzazione». Non stigmatizziamoli troppo, suvvia.

In concreto, significa che la durata del carcere preventivo sarà dimezzata, e che se i giudici non si sbrigheranno potrebbero uscire in libertà provvisoria. Al momento del processo, il giudice dovrà dapprima valutare se siano abbastanza maturi per poter essere giudicati: e, spiega il ministero, «la capacità di intendere e di volere in un minorenne non è mai presunta ma deve essere sempre dimostrata»; si dovrà quindi accertarsi che mentre stupravano la polacca i due potessero «rendersi conto del significato antisociale del reato compiuto» e sapessero «valutarne le conseguenze». In caso contrario, verranno prosciolti per immaturità.

Se invece verranno ritenuti abbastanza maturi, avranno comunque diritto ad uno sconto di un terzo della pena in quanto minorenni, e di un altero terzo se (come ovviamente faranno) chiederanno il rito abbreviato. Morale della favola: non più di cinque anni di pena, male che vada. E a quel punto entreranno nel circuito della reclusione minorile, anch'essa ispirata - sempre per usare le parole del ministero - alla «finalizzazione educativa volta a promuovere nel minore lo sviluppo di competenze autoregolative ancorate a principi socialmente condivisi». Tradotto in italiano, potranno scontare la metà della pena o poco più: per fare un esempio, il nomade diciassettenne che a Milano nel 2012 ammazzò un vigile urbano, di nove ani e otto mesi di carcere ne ha scontati cinque e mezzo, poi è stato messo fuori perché l'inserimento in comunità «può rivelarsi utile per favorire il processo di integrazione sociale del condannato».

Insomma: i due stupratori se la caveranno con due anni e mezzo. Ancora meno, se dovessero incassare una qualche attenuante.

Il problema adesso è spiegarlo alla turista polacca.

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