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"Farnesina e consolato dietro l'ok. Decisiva la visita di Giorgia negli Usa"

Il deputato Fdi eletto all'estero: "Ho fatto da facilitatore: determinanti gli ottimi rapporti di Meloni con la Casa Bianca. L'Italia non è più Italietta"

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«Il presidente del Consiglio è stato l'artefice di questo risultato, mentre io ho avuto un ruolo di facilitatore per i vari contatti da prendere». Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d'Italia eletto all'estero, spiega come il governo, lavorando in gran silenzio, è riuscito a riportare in Italia il detenuto Chico Forti.

Esattamente cos'è successo negli ultimi giorni?

«Il 15 maggio c'è stata l'udienza finale per il trasferimento di Forti dal carcere statale al carcere federale. Senza questo passaggio non si sarebbe potuto predisporre un trasferimento in Italia. Normalmente, secondo le regole americane, passano dalle 5 alle 8 settimane per riportare il detenuto nella propria patria. Noi ci abbiamo impiegato un giorno e mezzo. Da italiano residente all'estero posso dire che la credibilità del nostro governo è aumentata notevolmente negli ultimi due anni e questo ci ha permesso di ottenere questo risultato che definirei al di fuori di ogni immaginazione».

Com'è stata possibile questa accelerazione?

«Il trasferimento di un detenuto non può tecnicamente avvenire tra lo stato della Florida e uno stato estero e, pertanto, doveva essere suggellato da un giudice federale. Da quel momento il governo federale americano, di fronte alla nostra richiesta di accelerare le tempistiche per ragioni umanitarie visto e considerato che la mamma di Chico Forti ha 96 anni, ci ha dato la possibilità di fare tutto in un lampo».

Ma, quindi, Palazzo Chigi ha parlato direttamente con la Casa Bianca?

«Non conosco i dettagli ma, ripeto, Giorgia Meloni si è spesa in prima persona, a differenza di altri che in passato si sono voluti appuntare la medaglietta facendo anche delle dichiarazioni molto poco etiche da un punto di vista umano. La situazione si è sbloccata dopo il benestare del procuratore generale degli Stati Uniti e della Casa Bianca. Non dimentichiamoci che l'annuncio della firma del governatore della Florida sul trasferimento allo stato federale è avvenuto durante l'ultima visita del nostro presidente alla Casa Bianca. Palazzo Chigi ha, quindi, interloquito prima con lo stato della Florida e, poi, con Washington».

La Farnesina, invece, che ruolo ha avuto?

«La Farnesina ha avuto un ruolo di supporto al nostro consolato generale a Miami che ha fatto un egregio lavoro. È stato un lavoro di gruppo. Non bisogna, inoltre, dimenticare il lavoro dello studio legale Tacopina e la fondazione di Andrea e Veronica Bocelli che da sempre sono supporter del caso di Chico Forti e si adoperano la difesa dei diritti umani. Ovviamente, ci sono state delle interlocuzioni tra via Arenula e il ministero di Giustizia americano».

Questa vicenda conferma, dunque, che i rapporti tra il nostro governo e la Casa Bianca sono buoni?

«Sono più che ottimi. Quando si ha un'alta credibilità è tutto più facile. Basta essere lineari sui temi di carattere geopolitico per far capire che l'Italia non è più l'Italietta di un tempo».

Ora che succederà?

«Ora ci sarà un

passaggio tecnico al carcere di Rebibbia, poi Chico dovrebbe essere trasferito al carcere di Verona perché il suo caso dipende dal tribunale di Trento. Finirà di scontare lì la pena secondo i dettami della nostra Costituzione».

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