Politica

Fatima condannata a 9 anni È la prima jihadista italiana

Storica sentenza su una foreign fighter. Maria Giulia Sergio sarebbe in Siria a combattere con il compagno

Nove anni di carcere per Maria Giulia Sergio, alias Fatima, come aveva chiesto la Procura. È la prima condanna di una foreign fighter italiana. E la giovane di Inzago, alle porte di Milano, è la prima nostra connazionale di cui si sia saputo partita per combattere nelle file dell'Isis. Con Maria Giulia, 29 anni, sono stati condannati per le accuse a vario titolo di terrorismo internazionale e organizzazione di viaggio a fini di terrorismo il marito albanese Aldo Kobuzi (10 anni), la donna di origine canadese che l'avrebbe introdotta all'islam radicale, Haik Bushra (9 anni), la madre e la sorella di Aldo, Donika Coku e Serjola Coku (entrambe 8 anni). Infine Sergio Sergio, il padre di Fatima, è stato condannato a quattro anni. L'uomo, per cui l'aggiunto Maurizio Romanelli e il pm Paola Pirotta avevano chiesto tre anni e quattro mesi, è l'unico tra gli imputati che non sia fuggito. Si trova ai domiciliari e solo a lui sono state concesse le attenuanti generiche. Gli altri condannati, a parte Bushra comunque latitante, si troverebbero tuttora in Siria.

«Sergio non vuole più avere a che fare con la figlia», spiega a caldo il suo difensore Erika Galati, che annuncia il ricorso in Appello. Né, pare, con l'altra figlia, Marianna che è stata condannata con il rito abbreviato a cinque anni. La moglie di Sergio è invece morta alcuni mesi dopo l'arresto dei familiari di Maria Giulia avvenuto nel luglio del 2015. Galati ha ribadito che il suo assistito «non meritava la condanna, noi abbiamo fatto tutto il possibile. Le sentenze, però, vanno rispettate. Sergio non voleva andare in Siria per combattere, voleva solo tenere unita la famiglia e le figlie lui le ha sempre subite».

Fatima è partita per la Siria nel settembre del 2014. Da lì nei mesi successivi ha tentato in tutti i modi di convincere genitori e sorella, tutti più o meno convintamente convertiti, a raggiungerla. Gli inquirenti hanno intercettato diverse conversazioni via Skype in cui la giovane donna raccontava la quotidianità del Califfato. «Qui decapitiamo nel nome di Allah», diceva. I Sergio avrebbero quindi deciso di intraprendere il viaggio, secondo l'accusa, bloccato poi dai fermi. La famiglia di Inzago è il primo nucleo italiano coinvolto per intero in un'attività di arruolamento dell'organizzazione terroristica. E non è un caso che la prima foreign fighter italiana sia una donna. Nel sedicente Stato islamico le donne hanno un ruolo centrale, come ha spiegato nella requisitoria Romanelli. Quando Fatima raggiunge la Siria, ha sottolineato l'aggiunto, «alle donne non è consentito combattere, sebbene lei voglia impugnare le armi. La ragione è che secondo le leggi di quel regime non può esserci uguaglianza tra uomini e donne sul terreno della morte e nella via per conquistare il paradiso: la donna deve essere subordinata. Le donne però sono fondamentali come mogli dei combattenti, e infatti un aspirante martire è accolto molto meglio nel Califfato se porta con sé la sposa, e soprattutto come madri dei futuri soldati». Questa regola è il motivo del matrimonio combinato, celebrato in Italia e in segreto, tra Maria Giulia e Aldo. Non solo. Le donne votate al fanatismo sono vitali per l'indottrinamento delle altre donne e per convincerle a raggiungere le terre controllate dall'Isis. Così è stato per Bushra con Fatima e Marianna. Fatima stessa, una volta arrivata in Siria, è diventata a sua volta un'insegnante. Anche se non le bastava: «La jihad - diceva ai genitori al telefono - è l'azione più grande e meritoria.

Spero ogni giorno che il Califfo dia l'autorizzazione anche alle donne a combattere».

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