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La Ferrari parte in quarta Ma Fiat sbanda

Wall Street, per un giorno, come i box di Formula 1. Per il debutto di Ferrari sul listino Usa, un enorme Cavallino ha ricoperto la storica facciata del Nyse. Mentre le «Rosse», sotto il Tricolore, hanno occupato (...)

(...) buona parte del Financial district. La campanella è suonata poco dopo le 15, ora italiana, e il titolo («Race») Ferrari, collocato a 52 dollari, ha impiegato 15 minuti per fare prezzo per poi scattare verso i 60 e poi chiudere la seduta a quota 55, in rialzo del 5,7%. E se per il Cavallino il primo grand prix sul circuito di Wall Street è stato un successo, a soffrire è stata invece Fca, che da ieri detiene l'80% di Maranello, costretta a indossare la maglia nera di Piazza Affari: -5,2% a 13,47 euro.

La frenata del Lingotto, secondo Roberto Russo (Assiteca Sim), ha una motivazione tecnica. «La domanda per le azioni Ferrari - spiega - è stata di venti volte superiore all'offerta. E il book sarebbe stato allocato su pochissimi grossi investitori. Il 40% di chi voleva il titolo è rimasto a bocca asciutta. Si è registrata da subito una fame incredibile di azioni Ferrari. A questo punto, la volata è andata a scapito di Fca». Secondo altri analisti, riferendosi al calo di Fca, mai come ieri è valso il detto sell on the news («vendi quando escono le notizie»). Ma c'è anche chi sostiene che in tanti si aspettavano un incremento del prezzo di collocamento superiore del 20% rispetto alla forchetta iniziale. A pesare su Fca anche la notizia che i tax ruling concessi da Lussemburgo e Olanda a Fiat Finance e Trade (controllata da Fca) e a Starbucks sono illegali. E le due società dovranno ora restituire «almeno 20-30 milioni» dei vantaggi illeciti.

La prima tappa di Maranello alla Borsa di New York ( Active Bookrunner Bank of America Merrill Lynch), con Fca all'80% e Piero Ferrari sempre al 10%, in attesa di sbarcare in gennaio (come precisato ieri da Marchionne) anche in Piazza Affari, precede di qualche mese il nuovo percorso del Cavallino. In coincidenza con l'Epifania, Ferrari si staccherà da Fca e, come detto ieri da John Elkann, la cui Exor ne controllerà il 24%, «questa società straordinaria ha compiuto il primo passo verso una vita propria».

«È stata certamente un'ottima partenza», ha osservato il presidente di Fca, mentre per Sergio Marchionne, numero uno di Ferrari e ad del Lingotto, «nel lusso dell'auto non ci sono alternative al Cavallino; quest'anno chiuderemo a 7.700 auto». «Mi sento da Dio - ha aggiunto il top manager prima di suonare la campanella -: è la seconda volta che torniamo a Wall Street, nel 2014 con Fca e ora con Ferrari, un'azienda che produce utili e che è capace di mantenere un equilibrio nei conti nonostante gli investimenti in tecnologia».

Con Elkann e Marchionne, hanno partecipato alla cerimonia Piero Ferrari, assistito nell'operazione dallo Studio Pedersoli e Associati, e l'ad Amedeo Felisa, 69 anni, sulla cui possibile uscita dal gruppo per ragioni anagrafiche, il presidente del Cavallino ha sottolineato che «quando e se ci sarà, bisogna arrivare a un meccanismo di successione». Soddisfatto Piero, figlio del fondatore Enzo Ferrari, il mitico Drake: «Il 10% lo tengo come la casa di famiglia; papà sarebbe molto soddisfatto. Ho visto anche il presidente della Borsa con la giacca rossa e il cappellino, un bel segno. Ferrari resterà il manifesto dell'ingegneria italiana».

Una volta chiuso lo scorporo, Marchionne fa intendere di voler accelerare sul tema fusione: «General Motors resta il partner ideale di Fca, ma ce ne sono altri di potenziali».

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