Politica

Fico riscrive la storia e la destra lascia l'aula: "Fazioso e anti italiano"

Nel centenario dell'emiciclo di Montecitorio il presidente dimentica Berlusconi e le foibe

Fico riscrive la storia e la destra lascia l'aula: "Fazioso e anti italiano"

A Montecitorio si celebra il centenario dell'inaugurazione dell'aula della Camera dei deputati, capolavoro Art Nouveau firmato dal palermitano Ernesto Basile, e nell'emiciclo c'è il parterre delle ricorrenze solenni: il capo dello Stato Sergio Mattarella, il presidente emerito Giorgio Napolitano, molti ex presidenti della Camera (dalla Boldrini a Casini, da Fini a Violante) e naturalmente l'attuale padrone di casa, il grillino Roberto Fico.

La cerimonia di ieri mattina era tanto solenne quanto evocativa, perché l'inaugurazione dell'aula coincise con la fine della Prima Guerra Mondiale, che vide l'Italia nel novero delle «potenze vincitrici». Ma cento anni (e due guerre mondiali, la seconda per fortuna persa dagli italiani) non sono evidentemente bastati a far smaltire gli spiriti bellici, così anche in questa circostanza scoppia la rissa. Con il drappello di parlamentari di Fratelli d'Italia che inscena una protesta, abbandonando l'aula sotto lo sguardo perplesso di Mattarella, e che accusa Fico di «anti-patriottismo» nonché di «pacifismo», e gli storici da lui invitati - il brillante Alessandro Barbero e la professoressa Simona Colarizi - di «nostalgie asburgiche» per la rilettura «critica» della vittoria del 1918 (Barbero ha ricordato come «l'illusione di essere diventata una grande potenza» e la rabbiosa «retorica della vittoria mutilata» aprirono la strada «verso nuove rovine»), nonché di eccessivo «sinistrismo». Mentre da Forza Italia si contesta il docufilm Rai proposto in aula che, ricostruendo la storia politica italiana, «rimuove la discesa in campo di Berlusconi».

In verità più che il «pacifismo» (nel suo discorsetto, letto con diligenza ma con qualche incespicatura, Fico si è limitato a ricordare «l' altissimo tributo di vite umane e di dolore» della Grande Guerra, dato difficilmente contestabile), a sollevare qualche inquietudine per le parole del presidente della Camera è stato se mai un altro aspetto. Nella parte finale dell'intervento, infatti, l'esponente grillino ha parlato del futuro del Parlamento e, sia pur con fumosi giri di parole, si è fatto latore delle teorie un po' orwelliane della Casaleggio sul superamento della democrazia rappresentativa e l'avvento di un'età dell'oro della «democrazia diretta». Fico ha spiegato di «credere fermamente» nel fatto che «il Parlamento debba essere un'istituzione culturale» (affermazione piuttosto avventata, nella forma e nella sostanza) e a suo dire «capace di ascoltare direttamente le richieste dei cittadini e comprendere le loro aspettative». E ha proseguito sostenendo che «l'apertura di questa istituzione va realizzata anche valorizzando tutti gli strumenti di partecipazione dei cittadini al processo legislativo e alla definizione delle politiche pubbliche». Un riferimento neppure troppo velato alle modifiche della Costituzione che il suo partito ha depositato e vuol promuovere, a cominciare dall'introduzione del referendum propositivo senza quorum, una sorta di plebiscito che scavalcherebbe completamente il ruolo del Parlamento.

Tutto questo, naturalmente, dopo aver reso omaggio alla «centralità del Parlamento». Il paradosso è che, proprio mentre Fico recita impettito il suo compitino su quanto sia importante che «il senso profondo della democrazia» si «sostanzi nella discussione e nel confronto», i deputati della sua corrente fanno marcia indietro e si allineano obbedienti alla linea del partito. In diciotto avevano annunciato fiera opposizione e battaglia di emendamenti contro il salviniano decreto Sicurezza, ma è durata meno di 24 ore: ieri, in nome della ragion di governo, hanno rinunciato a presentare le loro proposte di modifica e voteranno obbedienti il provvedimento.

Sarà per la prossima volta.

Commenti