Politica

Finalmente la Merkel archivia il buonismo

Ogni nazione deve badare a se stessa in base alle proprie risorse, che non sono infinite, e non è pensabile distribuisca a chiunque ciò che essa non ha

Finalmente la Merkel archivia il buonismo

Il buonismo ha fatto un'altra vittima, stavolta illustre: Angela Merkel. La quale, travolta da un'ondata di migranti - profughi e affini - da lei stessa provocata, dopo aver predicato per anni che l'Italia doveva grattarsi da sé la rogna degli sbarchi, all'improvviso, mossa a pietà dalla fotografia del bimbo morto (pubblicata da tutta la stampa, dal New York Times al Bollettino parrocchiale di Caronno Pertusella) annegato e raccolto sulla spiaggia da mani misericordiose, si è decisa ad aprire le porte della sua Germania allo scopo di ospitare i siriani in fuga dalla guerra, che incendia il loro paese. Un bel gesto, ma di sorprendente ingenuità.

La cancelliera sulle prime è stata applaudita dalle anime belle e pie di mezza Europa, Italia in testa, avendo dimostrato magnanimità e spirito di solidarietà. I suoi connazionali, commossi e pieni di buoni sentimenti, hanno ricevuto le folle di disperati con grande entusiasmo, recandosi alla stazione per manifestare la propria fratellanza agli sfigati. Ad ogni bimbo, austriaci e tedeschi in segno di tenerezza e benevolenza, hanno regalato bestiole di peluche, notoriamente gradite all'infanzia. Uno spettacolo struggente trasmesso da varie televisioni, e una lezione assai istruttiva per le «bestie» nostrane che predicavano e predicano la necessità dei respingimenti.

Noi stessi, di fronte all'inatteso slancio di generosità della Merkel, abbiamo vacillato: che la signora sia nel giusto e noi in errore? Trascorrono pochi giorni ed ecco che arriva puntuale il contrordine teutonico: richiudiamo subito le frontiere perché qui non c'è posto a sedere e neppure in piedi. Addio buonismo, è già tornato il realismo. Mi pareva strano che un popolo di soldatini irregimentati e bene addestrati accettasse il libero ingresso (nelle sue città ordinate) di qualunque poveraccio. In un momento di debolezza esso si è lasciato andare e ha fatto propria la teoria delle «braccia spalancate», ma si è reso immediatamente conto che le ragioni del cuore spesso confliggono con quelle del cervello, più portato alla praticità. Cosicché i confini germanici sono di nuovo sbarrati, e si salvi chi può.

Indubbiamente, la severità rispolverata da Angela è esteticamente meno apprezzabile della indulgenza provvisoria espressa un paio di settimane orsono, però la politica è l'arte del possibile e non è abilitata a compiere miracoli. Ogni nazione deve badare a se stessa in base alle proprie risorse, che non sono infinite, e non è pensabile distribuisca a chiunque ciò che essa non ha. La Germania non fa eccezione, e si è accorta per tempo che soccorrere i bisognosi è un esercizio nobile nella misura in cui non superi i mezzi a disposizione. Non ci voleva molto a capirlo, ma è meglio tardi che mai.

Noi italiani siamo lenti nell'afferrare i concetti elementari, e insistiamo col buonismo coniugato con l'inefficienza e la disorganizzazione. Andiamo avanti alla «viva il parroco» verso il disastro, convinti che ci siano spazio e soldi per tutti, bianchi, neri e nocciola. Tra dieci anni saremo viola noi, pieni di lividi.

Allegria! Servirebbe una Merkel anche qui.

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