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Flat tax, l'ipocrisia di Di Maio. Ora è meglio non parlarne

Fino a un mese fa criticava duramente la tassa proposta dal centrodestra. Ora il silenzio, per convenienza politica

Flat tax, l'ipocrisia di Di Maio. Ora è meglio non parlarne

La Flat tax? Meglio metterla sotto il tappeto, non sia mai che da polvere diventi un polverone. E così il Movimento 5 Stelle arriva persino a silenziare anni di improperi ed ettolitri di inchiostro pur di non rischiare di aggiungere un ostacolo lungo il cammino verso l'agognato governo. Se Salvini non si esime dal valutare la proposta principale dei grillini, cioè il reddito di cittadinanza, Luigi Di Maio, invece, della tassa ad aliquota fissa non parla più. Bocca cucita. Eccola l'ultima contraddizione pentastellata. L'ennesima capriola che alimenta i malumori di una base già in subbuglio per il solo fatto di vedere il proprio leader interloquire col segretario del Carroccio. Ma la coerenza, in politica, è come un frutto: si presenta in base alla stagione.

Eppure non bisogna andare tanto indietro nel tempo per ritrovare critiche alla Flat tax. Il primo marzo il candidato al ministero del Tesoro del M5S, Andrea Roventini, sentenziava senza appello: "La Flat tax è una fake tax, è una proposta bizzarra che produrrà un deficit pubblico crescente e porterà benefici solo al 10% della popolazione". Due mesi prima, invece, era stato lo stesso Di Maio in persona a dire la sua: "La Flat tax per me è incostituzionale perché elimina la progressività". Pensiero ribadito poi nel febbraio scorso ospite del salotto di Barbara D'Urso: "Se vogliamo parlare con tutti di abbassamento delle tasse l'hanno tutti nel programma, ma bisogna capire come fare". Per argomentare meglio il suo diniego, il leader pentastellato poi ha condiviso su Facebook un lungo articolo pubblicato sul blog del M5s che affermava che "la flat tax è una bufala", che "scassa i conti dello Stato", che "le coperture sono a dir poco campate in aria" e che "massacra ancora il welfare per favorire i ricchi".

A gennaio scorso anche Riccardo Fraccaro - quello che sarebbe diventato il candidato sacrificato alla presidenza della Camera - si esibiva in una doppia invettiva, mettendoci dentro anche il leader di Forza Italia: "Berlusconi è ormai una macchietta. Parla di una flat tax che rischierebbe di far saltare i conti pubblici, oltre a essere incostituzionale, e vorrebbe coprire le minori entrate con una fantomatica lotta all'evasione. È involontariamente comico che una ricetta del genere arrivi da un condannato definitivo per frode fiscale, sembra una delle sue barzellette che non fanno ridere". Per tornare a Di Maio e ai suoi rapporti con Matteo Salvini basta ricordare poi cosa diceva nel dicembre del 2014 a proposito di Flat tax quando i tempi delle trattative erano lontani e vigeva ancora la logica del nemico: "La Lega Nord è uno dei partiti che è stato al governo per più tempo, non ha nessuna credibilità. Quando è stata al governo, la Lega Nord non ha mai fatto nulla del genere e adesso che stanno all'opposizione parlano di flat tax e raccontano il mondo. In questo paese è la credibilità delle forze politiche che rende un'affermazione vera o falsa".

Credibilità e convenienza, appunto.

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