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Forza Italia frena Matteo: "Altolà a scelte solitarie"

Gli azzurri irritati per l'eventuale asse tra M5s e Carroccio. Schiarita in Friuli: ok al forzista Tondo

Forza Italia frena Matteo: "Altolà a scelte solitarie"

Pari dignità e collegialità. A Matteo Salvini Forza Italia lo ricorda ogni giorno: nel centrodestra lui è il candidato premier e il leader della prima forza dopo il 4 marzo, ma la strategia si decide tutti insieme. La fase è delicata perché Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni hanno sì dato il mandato al segretario leghista di condurre le trattative per un governo, però quel suo propendere per il M5s e chiudere al Pd non piace soprattutto agli azzurri. Il Cavaliere è ancora convinto che la coalizione reggerà, al primo giro di consultazioni al Quirinale sostenerà Salvini, ma forse scommette sul suo insuccesso. E dopo, si riaprirebbero giochi.

«Salvini non è il leader del centrodestra - dice il capogruppo dei deputati Brunetta, al Giornale Radio Rai -, è semplicemente il leader del partito che all'interno del centrodestra ha avuto più voti». Insomma, non si tollereranno scelte solitarie. Per cominciare, sull'indicazione dei presidenti delle Camere.

La rivendicazione del vertice del Senato da parte di Fi punta innanzitutto a rompere l'asse Lega-M5S. A Palazzo Madama gli azzurri avranno il secondo gruppo, con 61 senatori, mentre la Lega ne ha 58. Lorenzo Cesa, infatti, «divorzia» da Nci di Fitto, Lupi e Costa, per arrivare ad una federazione con gli azzurri nell'ambito del Ppe e nel gruppo entreranno i suoi 4 eletti (De Poli, Saccone, Binetti e Quagliariello). Un risultato che sarà utile al voto sulla seconda carica dello Stato, quando Fi sosterrà la candidatura di Paolo Romani, o quella di un dem, se sarà utile per un futuro governo. Brunetta, dopo l'incontro con i capigruppo 5Stelle, spiega: «Ci hanno detto che loro vorrebbero la Camera e alla Lega andrebbe il Senato. Ma il Senato va al centrodestra, semmai: ci siamo noi con Romani. E poi non dimentichiamo il Pd. Se il M5s vuole fare un presidente di garanzia, il Pd è il secondo partito e non va emarginato». Il timore è che il 23 marzo e poi nelle consultazioni di governo si crei l'asse tra grillini e la sola Lega. «Faccino pure - sfida Brunetta - come diceva Fantozzi. In aula, a scrutinio segreto, ci divertiamo. Con il patto tra loro, salta tutto». E ricorda a Salvini che Berlusconi «non ha mai cercato di cannibalizzare gli altri gruppi lanciando opa ostili», dunque c'è da augurarsi «che sia in parlamento che sui territori non si cominci a giocare a rubamazzetto». Ignazio La Russa candida per Montecitorio la leader di Fdi Meloni, ma per evitare un patto tra Salvini e Di Maio in Fi si ragiona su un ticket tra Romani e il leghista Giancarlo Giorgetti, cioè: il leghista si prenda la Camera e abbandoni l'idea di Palazzo Chigi. Per il Cavaliere sarebbe un modo per frenare il pericoloso alleato. Anche il governatore ligure Giovanni Toti, il più vicino al Carroccio in Fi, respinge l'ipotesi del patto Lega-M5s e smorza le tensioni con l'ex ministro azzurro Claudio Scajola, dicendo che «è legittima» la sua autocandidatura a sindaco di Imperia, mentre si preparava a correre il nipote Carlo, assessore regionale vicino al presidente.

«Non penso che ci saranno sfide nella famiglia Scajola, come non voglio ce ne siano nel centrodestra», assicura.

Schiarita, invece, sul fronte Friuli Venezia Giulia, dove Fi annuncia come candidato governatore dell'alleanza Renzo Tondo, vicino a Fitto. E in serata arriva il passo indietro del leghista Massimiliano Fedriga che aveva avanzato la sua candidatura. «Il Friuli toccava a noi - spiega un azzurro del Nord - era nei patti preelettorali, visto che la Lombardia è della Lega».

Tra gli azzurri il timore che Salvini si accordi con i grillini è forte. «Il centrodestra unito - spiega la coordinatrice lombarda, Mariastella Gelmini - può dare risposte agli italiani e Fi può garantire l'equilibrio necessario per gestire questa fase. Fughe in avanti non aiutano il Paese e rischiano di mettere l'Italia fuori gioco». Per Maurizio Gasparri la Lega ha «un interesse strategico a mantenere la coalizione, visto che governiamo in diverse regioni».

È il momento della responsabilità, «non di personalismi o convenienze», avvertono i parlamentari Massimo Mallegni e Deborah Bergamini.

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