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Frontex ci costa un miliardo. E i confini restano colabrodo

Dal 2005 sprechi per milioni, inclusi party e mobilio Ora si tenta la svolta. Sfidando le lotte tra gli Stati Ue

Frontex ci costa un miliardo. E i confini restano colabrodo

La festa è finita, l'agenzia creata per sorvegliare le frontiere d'Europa da almeno un paio d'anni è stata messa seriamente sotto pressione. Ma voltare pagina e diventare davvero efficiente nella gestione dell'imponente fenomeno migratorio, lasciando alle spalle un passato di sprechi e scarsa efficienza, non è facile per Frontex.

Dal 2005, anno in cui è diventata operativa, è costata ai contribuenti europei, Italia inclusa, 1,1 miliardi di euro con risultati praticamente inesistenti fino al 2015. L'agenzia con sede a Varsavia si è trovata del tutto impreparata a fronte dell'effetto migrazioni innescato dalle Primavere arabe. Fino ad allora, il presunto ruolo di coordinamento della sorveglianza alle frontiere è stato solo nominale, anche perché le guardie costiere nazionali e quelle di confine erano gelose del proprio ruolo. E mentre a Varsavia si spendevano 350.000 euro per i festeggiamenti dell'anniversario, 22mila per la cena di Natale del personale, 40mila per gli addobbi floreali e 17.000 per comprare un set di sedie di pelle per la modernissima sede in affitto su due piani di un moderno palazzo di vetro (per il cui affitto si è passati da 120mila a 5 milioni di euro l'anno), le frontiere europee diventavano un colabrodo. La prima stretta è arrivata nel 2015, dopo che la pragmatica Angela Merkel ha deciso di accogliere un milione di rifugiati siriani, ma contemporaneamente ha blindato le frontiere, delegando i Paesi vicini, la Turchia in particolare, ma anche l'Austria, a blindare i confini. E infatti il numero di ingressi è crollato poche migliaia. Contemporaneamente, è schizzato verso l'alto quello degli sbarchi in Italia complice, ora lo sappiamo, la mossa suicida del governo Renzi: dopo aver chiuso Mare Nostrum, l'ex premier ha chiesto di avere la guida della successiva missione europea di salvataggio, Triton, obbligandosi in cambio a far sbarcare solo nei propri porti i migranti salvati in mare.

Analizzando il bilancio di Frontex, si capisce il miope ragionamento che ha portato il governo Renzi a impelagarsi in queste missioni, oltre ovviamente al ritorno politico evidentemente mal calcolato, visto che ora lo stesso Renzi fa marcia indietro. L'agenzia ha ben pochi mezzi propri e per i propri interventi usa mezzi messi a disposizione dalle forme militari e di polizia degli Stati membri. L'Italia ha dato un ingente contributo economico per far funzionare Frontex. Ma ha anche ricevuto, in una partita di giro, decine di milioni di euro per aver «affitttato» l'agenzia i propri mezzi navali. La Corte dei conti europea ha più volte bacchettato Frontex per queste spese, notando che in molti casi, si sarebbe risparmiati parecchi soldi affidandosi a una gara tra privati anziché ai mezzi militari. Un esempio è la sorveglianza aerea che, affidata a privati, ha visto scendere i costi da 5.700 a 2.300 euro l'ora.

Ma al di là degli sprechi, comunque inferiori ad altri capitoli del bilancio europeo, il principale difetto di Frontex è stata la scarsa efficacia, dovuta anche agli intoppi frapposti dagli Stati membri che, come si è visto, in tema di migrazione sono tutto tranne che uniti. Ne è un esempio l'andazzo dei rimpatri dei migranti che fino al 2015 hanno toccato il picco massimo di 3.600 l'anno, con spese stimate in 5.000 euro per ogni migrante di media (ma anche con picchi molto più elevati). Con l'arrivo del nuovo direttore Fabrice Leggeri e col progetto della Guardia costiera europea, per Frontex è iniziata la svolta. A partire da un bilancio cresciuto da 143 a 254 milioni e dai voli di rimpatrio in forte aumento, al pari dell'attivismo alle frontiere, come dimostra la polemica sulle attività delle Ong lanciata proprio da Frontex. Un attivismo che però deve fare i conti con le gelosie nazionali.

Sfida difficile, finale incerto.

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