Cronache

Gallarate, Novara e Milano: il nostro triangolo del terrore

Nel Nord Italia esiste una radicata cellula jihadista. Due leader del califfato in Libia hanno vissuto qui

Moez Ben Adelkader al Fezzani e Noureddine Chouchane
Moez Ben Adelkader al Fezzani e Noureddine Chouchane

Il triangolo del terrorismo islamico fra Gallarate, Milano e Novara e due capi jihadisti tunisini, il vecchio ed il giovane, che hanno messo le radici in Libia. Un intreccio che sta venendo alla luce dai documenti scoperti nei palazzi di Sirte liberati dalle forze libiche, che cingono d'assedio gli ultimi quartieri in mano allo Stato islamico. Oltre a collegamenti con l'attentato al museo il Bardo di Tunisi, dove sono stati uccisi 4 turisti italiani. Ed il rapimento di quattro connazionali in Libia, che è costata la vita a due ostaggi, Salvatore Failla e Fausto Piano.

Fonti dei servizi segreti di Tripoli hanno rivelato ieri al Corriere della Sera, che grazie ai documenti rinvenuti a Sirte sono stati individuati «numerosi riferimenti al vostro Paese, soprattutto su elementi libici, tunisini e sudanesi che agiscono nel milanese».

Possibili cellule jihadiste in sonno o che garantiscono appoggio logistico. Non è un caso: almeno due capi tunisini della guerra santa segnalati a Sabrata e a Sirte hanno vissuto a lungo a Milano e Novara. Il più anziano, classe 1969, è Moez Ben Adelkader al Fezzani, nome di battaglia Abu Nasim. Fino a pochi mesi fa stava a Sirte, dopo essere fuggito da Sabrata, sulla costa ovest della Tripolitania, in seguito al bombardamento americano sulla base jihadista delle bandiere nere tunisine. Abu Nasim arriva a Milano dal 1989 per poi partire per la guerra santa in Afghanistan, dove viene catturato dagli americani e rinchiuso a Guantanamo. Nel 2009 lo rispediscono in Italia, ma tre anni dopo è incredibilmente assolto dall'accusa di terrorismo. Per il Tribunale di Milano Fezzani è «solo» un ideologo, non un combattente. Il Viminale decreta la sua espulsione e lui sprezzante dice agli agenti: «Sentirete di nuovo parlare di me». Abu Nasim si ritrova, libero, nella Tunisia della primavera araba, dove partecipa alla fondazione del gruppo integralista «Ansar al sharia», che aderirà in gran parte al Califfato.

Ad un comizio di Ansar si fanno fotografare, davanti ad una bandiera nera, Sami Ben Khemais Essid e Mehdi Kammoun, i membri del cosiddetto «gruppo di Milano», la cellula del terrore che fra Gallarate ed il centro islamico di viale Jenner a Milano è stata sgominata nel 2001. Pure loro dopo il carcere in Italia vengono espulsi ed in seguito liberati in Tunisia dalla primavera araba.

Questi sono i capi «anziani» dello jihadismo tunisino legati all'Italia, ma l'anello di collegamento con le nuove generazioni è fra Abu Nasim e Noureddine Chouchane, classe 1980. Secondo il fratello è arrivato in Italia con documenti falsi nel 2003, dopo aver tentato di andare a combattere in Irak. Quattro anni dopo ottiene un permesso di soggiorno ad Ancona e comincia a lavorare come muratore a Novara e dintorni, l'altro vertice del triangolo assieme a Gallarate e Milano. Chouchane sarebbe stato in contatto con Giuliano del Nevo, il primo convertito italiano morto combattendo in Siria fra le fila jihadiste. E secondo fonti tunisine «durante il periodo italiano era in contatto con Sharia 4 Belgio, il gruppo salafita che nel 2015 è stato designato come organizzazione terroristica».

Chouchane torna in Tunisia con la primavera araba e aderisce ad Ansar per poi andare a combattere in Siria, dove avrebbe incontrato il «vecchio» emiro Abu Nasim. Il dato certo è che i due si trasferiscono fra il 2014 e 2015 nella nuova terra di conquista, la Libia. E creano una base a Sabrata, dove vengono addestrati gli attentatori del museo il Bardo, che a Tunisi il 18 marzo dello scorso anno falciano 22 persone compresi quattro turisti italiani.

Non solo: I tunisini gestiscono a Sabrata il rapimento dei quattro tecnici italiani della ditta Bonatti del luglio 2015, non per tagliar loro la testa davanti ad un video, ma per soldi. Il raid aereo Usa sulla loro base del 19 aprile fa precipitare la situazione. Le bandiere nere sono prese a fuciliate dai miliziani locali e nel caos della battaglia due ostaggi vengono liberati. Gli altri due rimangono uccisi con i loro carcerieri tunisini in uno scontro a fuoco nel deserto mentre sono in fuga. Al Corriere l'intelligence libica rivela di aver arrestato a Sabrata la moglie di Fezzani: «Aveva in tasca oltre 500mila euro in contanti». Forse parte del riscatto pagato per la liberazione degli ostaggi sopravvissuti. Al Giornale risultava, però, che la moglie catturata fosse Rahma Chikhaoui, consorte di Chouchane.

Abu Nasim ed il suo giovane allievo sono riusciti a fuggire da Sabrata. Pochi mesi fa il capo anziano è segnalato a Sirte.

Ed il 28 maggio viene ucciso vicino alla roccaforte dello Stato islamico il tunisino Khalid Aslhaib, una delle menti dell'attacco al Bardo.

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