Cronache

Giallo sul "corvo" dei verbali Amara. Cantone esulta ma crescono i dubbi

Palamara: "Non è il funzionario, dietro c'è un magistrato"

Giallo sul "corvo" dei verbali Amara. Cantone esulta ma crescono i dubbi

Luca Palamara dovrebbe essere soddisfatto: il Corvo che ha fatto uscire dai cassetti segreti della Procura di Perugia i file con la nuova inchiesta contro di lui ha nome e cognome. Per la prima volta da tempo immemorabile, su una fuga di notizie ben calibrata si apre una inchiesta che nel giro di ventiquattr'ore arriva a individuare un presunto colpevole, che finisce nel registro degli indagati. Ma Palamara è tutt'altro che contento. Per il semplice motivo che l'indagato non è un magistrato. Forse un cancelliere, forse un membro della polizia giudiziaria entrato di nascosto nei computer dei pm per «succhiare» le notizie da girare ai cronisti. Possibile che il Corvo abbia fatto tutto da solo? «Ma quando mai», dice Palamara. «Il sistema è sempre quello, lo so perché l'ho fatto anche io un sacco di volte. Quando vuoi fare uscire una cosa non hai bisogno di sporcarti le mani, lo fai fare a qualcun altro».

Il mandante, secondo l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, è un magistrato, e per questo l'indagine deve passare a Firenze perché, come dicono i legali di Palamara, «la Procura di Perugia è sicuramente coinvolta». Non è stata una fuga di notizie casuale, l'obiettivo - secondo l'ex pm - è tenere a galla mediaticamente un caso che si sta sgonfiando. Per questo è stata aperta la nuova inchiesta, relativa a pressioni che Palamara avrebbe fatto, su richiesta del solito Piero Amara, su un giudice di Cassazione a favore di un pm siciliano sotto processo. In realtà il giudice di Cassazione, interrogato a Perugia, ha spiegato che l'incontro con Palamara fu casuale, e di essere stato lui a affrontare per primo il tema del processo al pm. Eppure Palamara è stato iscritto nel registro degli indagati per corruzione. E la notizia è arrivata in tempo reale a due giornali.

L'altro ieri il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, si era mostrato indignato per come era stata bucata la rete del segreto, e aveva annunciato l'apertura di una inchiesta immediata: «la Procura di Perugia - aveva scritto - in questa vicenda è parte offesa». E ieri il nuovo comunicato di Cantone annuncia la soluzione del giallo a tempo di record: l'analisi dei computer da parte dei carabinieri e della polizia postale ha scoperto «numerosi accessi abusivi effettuali al sistema informatico e risultano altresì scaricati illegittimamente alcuni atti da parte di un soggetto non avente titolo per accedere al fascicolo». Il «soggetto» viene identificato e perquisito per accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto d'ufficio. La seconda accusa vuol dire che si tratta di un pubblico ufficiale, ma se si trattasse di un magistrato Cantone avrebbe dovuto trasmettere immediatamente il fascicolo a Firenze. Invece l'indagine punta su un pesce piccolo. «È stato lui - si chiedono i legali di Palamara - a consegnare spontaneamente le carte ai giornalisti o qualcuno gli ha chiesto di farlo? E come mai aveva il loro numero?».

Il giallo, forse, è solo agli inizi.

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