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Il giudice inflessibile temuto in aula e rispettato dai giuristi

Ciampi in tribunale era considerato «rude e prussiano». Ma le sue sentenze venivano studiate anche all'università

Il giudice inflessibile temuto in aula e rispettato dai giuristi

Milano«Probo, rigoroso e intransigente», dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Rude, prussiano e sprezzante», sibilano i corridoi del palazzaccio milanese. Che il povero Fernando Ciampi non avesse paura di rendersi antipatico, lo ripetono in molti persino oggi. Oggi che il giudice è stato ucciso nel suo ufficio al secondo piano del tribunale, freddato con due colpi di pistola, ammazzato per vendetta dall'uomo che aveva dichiarato fallito.

Integerrimo e schivo, lo raccontano le elegie funebri. «Una persona importante, una grave perdita per il nostro paese», è il ricordo del sindaco di Fontanarosa, piccolo centro dell'Avellinese che il magistrato aveva lasciato molti anni fa per trasferirsi e fare carriera nel capoluogo lombardo. Il «mite» Ciampi. Ecco, a Milano il giudice era considerato tutt'altro che un agnellino. I molti avvocati che hanno avuto a che fare con lui ne ricordano le sfuriate, la mano di legno - eredità di un grave incidente in gioventù - sbattuta con forza sulla scrivania, l'irriducibile fermezza con cui segnava le sorti di aziende sull'orlo del crac, il suo motto campano più volte sbattuto in faccia ai legali e diventato quasi un marchio di fabbrica, «sì sì va bene, tutte chiacchiere e tabacchiere di legno, non dica altro», e l'avvocato poteva considerarsi congedato.

Stimato in ambito accademico, raccontano nel mondo universitario, per le sentenze prese a giurisprudenza. E poi gran lavoratore, accentratore - qualche collega non dimentica la sua insofferenza alle obiezioni - e sicuramente integerrimo. Dal 19 giugno al 30 settembre 2009 era stato anche presidente facente funzione della sezione fallimentare, dopo che il giudice Maria Rosaria Grossi era finita sotto inchiesta a Brescia. Della Grossi, Ciampi aveva preso il posto come capo pro tempore dell'ufficio, quando era scaduto il mandato del presidente Bartolomeo Quatraro. Ma nelle stanze del palazzaccio milanese - anche nel giorno in cui è stato versato del sangue - si dice anche che non sia mai stato promosso a presidente della sezione a causa di quel carattere tutt'altro che amabile e di modi decisamente bruschi, che gli avrebbero procurato più di un esposto al Consiglio superiore della magistratura. E poi - è l'altra faccia della medaglia - il suo essere inflessibile e poco incline alla clemenza sono stati veleno per un soggetto instabile come Claudio Giardiello, imprenditore finto a gambe all'aria, che l'ha ucciso «per vendetta». Così l'assassino del tribunale ha detto quando i carabinieri l'hanno arrestato. «Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato». Lui, Giardiello, che è stato uno dei tanti fascicoli passati per la scrivania del magistrato, gliel'ha fatta pagare con la vita. E così è morto Fernando Ciampi, 72 anni, giudice della fallimentare. Rude, sprezzante e forse anche poco amato.

Ma di sicuro innocente.

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