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Il giudice si arrende: "Il clandestino ci crede un Paese senza regole"

Un marocchino 28enne colpevole di 21 reati è stato ripetutamente condannato ed espulso, ma l'ha sempre fatta franca. Il magistrato: noi impotenti, ci ha beffati

Il giudice si arrende: "Il clandestino ci crede un Paese senza regole"

Un marocchino, da oltre dieci anni in Italia, compie 21 reati, ma dietro le sbarre resta solo 9 giorni grazie ad attenuanti, indulti e altro. Non gli rinnovano il permesso di soggiorno e decretano la sua espulsione da tre diverse prefetture di Belluno, Bologna e Udine. Il 17 maggio 2013 è il Tribunale di Gemona del Friuli, che ordina di sbatterlo fuori dall'Italia per la quarta volta. E il 23 luglio finalmente lo rimandano in Marocco. Ma il clandestino sarebbe tornato in Italia per venir di nuovo pizzicato a Tirano, in provincia di Sondrio, dove si becca una condanna di un anno per false generalità. Non è chiaro se sia stata scontata, ma le ultime tracce in rete lo segnalerebbero a San Marino con il seguente motto on line «vivo e lascio vivere».

L'incredibile storia di normale immigrazione è ben descritta dalla sentenza del giudice di pace di Gemona, Vincenzo Zappalà. Il marocchino che a lungo l'ha fatta franca si chiama Achraf Hadif e ha 28 anni. Nel 2012 viene fermato dalla Polizia ferroviaria in Friuli-Venezia Giulia e denunciato in quanto clandestino, nonostante tre decreti di espulsione dal prefetto di Belluno e Bologna nel 2007 e di Udine nel 2011. La Questura di Torino nel 2010 aveva respinto la richiesta di permesso di soggiorno.

Al processo a Gemona è contumace ed il giudice di pace scrive nella sentenza: «In tutti questi atti è stato ripetutamente ordinato all'imputato di lasciare il territorio nazionale e di non rientrare prima che siano decorsi 10 anni. Tali ordini sono stati sistematicamente ignorati e nessuna autorità è stata in grado di farli eseguire coattivamente!».

Zappalà scopre che il clandestino è tutt'altro che un'anima candida. «Il certificato penale di Hadif Achraf riporta ben 21 reati, commessi dal 13.11.2002 al 26.02.2008 in Torino, Genova, Tortona, Biella, Imperia» si legge nella sentenza. I reati vanno dall'appropriazione indebita, al furto, rapina, lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e così via. In tutto, il marocchino nato a Casablanca, si è beccato 5 anni e 23 giorni di reclusione, ma «fra attenuanti generiche (ripetutamente concesse, malgrado le recidive), sospensione dell'esecuzione, indulto, cumulo delle pene, eccetera ha scontato soltanto 9 giorni di pena detentiva: dal 30.04.2011 al 09.05.2011!!».

Il magistrato di pace non ci vede più: «Evidentemente, il soggetto è stato indotto a pensare che il sistema giuridico-penale italiano è impotente e quindi nessun freno è stato posto alle sue scorrerie e nessun deterrente hanno rappresentato le molteplici condanne inflittegli!!!».

Il difensore chiede l'assoluzione sostenendo che potrebbe già essersi allontanato dal territorio nazionale. «Che sia tuttora in Italia (e si guarda bene dal presentarsi in questo processo, per far supporre che se ne sia allontanato) è fuor di dubbio!!!!» scrive il giudice. Applicare il favor rei è «una presa in giro per tutti i funzionari che hanno inutilmente rintracciato e segnalato il soggetto, con spreco di denaro pubblico. Denaro che poi non è disponibile per l'allontanamento, come implicitamente ammette il Questore di Udine il 31.01.2012 (“non è immediatamente disponibile vettore aereo o altro mezzo di trasporto”)». La condanna del 17 maggio 2013 è l'ennesima «espulsione dal territorio nazionale per anni 10». Poi mesi dopo, in luglio viene finalmente eseguita da Torino.

Lo scorso anno, però, Hadif Achraf, sarebbe tornato in Italia ed un marocchino corrispondente alle sue generalità viene fermato a Tirano, in provincia di Sondrio. Si spaccia per il fratello residente a Torino. Secondo un giornale locale viene condannato ad un anno, ma non è chiaro se la pena sia stata scontata.

Su Google plus un Hadif Achraf, che viveva a Torino, come il clandestino che l'ha fatta quasi sempre franca, sostiene di trovarsi dal 24 marzo nella Repubblica di San Marino.

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