Politica

Ma il governo non può cadere per mano dei pm

Si faccia chiarezza sul caso Azzollini, ma dobbiamo avere il coraggio di dire basta col bullismo giudiziario

Ma il governo non può cadere per mano dei pm

Il senatore Antonio Azzollini ostenta calma e serenità, ma così fanno tutti coloro che sono in attesa del responso della Giunta chiamata a decidere se un parlamentare debba o no essere arrestato in base alle richieste della magistratura. In questo caso è la Procura di Trani a sollecitare l'uso delle manette, avendo ravvisato l'esistenza di reati gravi nel comportamento del suddetto senatore, il quale ovviamente nega ogni addebito e cerca di convincere i colleghi, non solo quelli del proprio partito (Ncd), di essere innocente.

Nel frattempo egli è intento a scrivere una memoria difensiva affinché gli sia evitata l'onta del carcere. In simili circostanze, il copione è sempre lo stesso: gli aspetti politici prevalgono su quelli giudiziari e non si riesce a capire se l'«imputato» venga fatto passare per colpevole perché conviene o lo si voglia salvare per lo stesso motivo: interessi di bottega. Stavolta il dubbio è più forte del solito. La maggioranza di governo propenderebbe per negare l'arresto. Però tentenna. Teme di scatenare il sospetto che agisca per risparmiare uno scossone all'esecutivo, già abbastanza traballante. Mentre l'opposizione spera, qualora Azzollini sia incastrato, che Matteo Renzi s'indebolisca ulteriormente e magari sia obbligato a dimettersi.

Insomma, l'attenzione di tutti è rivolta maggiormente agli effetti politici della questione che non alle carte processuali. E ciò è profondamente sbagliato. Infatti, sarebbe giusto valutare la fondatezza delle accuse e non il peso politico dell'oscura vicenda. Ma la nostra è una predica inutile: in Parlamento non si ragiona nel rispetto della giustizia, bensì badando ai vantaggi o agli svantaggi provocati da una scelta. La storia insegna. Non siamo giuristi - è bene ricordarlo - e ignoriamo come stiano le cose in punta di diritto. Inoltre non abbiamo visionato gli atti. Ma, tenendo conto della indiscrezioni filtrate, non possiamo non manifestare perplessità. Qual è la peggiore azione attribuita al senatore pugliese? Avere detto alle suore della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, nel corso di una telefonata origliata da un tizio (non intercettata), «guardate sorelle che da oggi comando io, altrimenti vi piscio in bocca».

Una frase indegna quand'anche fosse stata rivolta a prostitute, figuriamoci a religiose. Ma siamo sicuri che sia stata pronunciata? Non c'è prova. Si dà retta a quanto riferisce un testimone che afferma di avere udito tale volgarità attraverso una porta chiusa. Nonostante ciò, la locuzione screanzata è servita mediaticamente a suscitare disgusto e ad alimentare un clima di disprezzo intorno all'accusato. Gli altri presunti reati sono stati soffocati nell'indifferenza generale. Esempio. Si sostiene che il parlamentare (e presidente della quinta Commissione bilancio) avrebbe tratto profitti dalla gestione impropria della Casa Divina Provvidenza. Quali profitti? Somme di denaro? Macché, nemmeno un euro.

E allora? Un buon numero di consensi gli sarebbero arrivati dagli elettori favorevolmente colpiti dal suo impegno sociale nell'istituto, ora più che mai sotto i riflettori. Pertanto, egli avrebbe sfruttato la propria posizione di alleato-comandante delle monache per fini politici personali. Che c'è di male? Non esiste sulla faccia della terra uomo di partito che non punti a incrementare il patrimonio di voti. Se questi sono i delitti ascritti all'esponente del Nuovo centrodestra, non si comprende perché dovrebbe essere addirittura arrestato.

Siamo di fronte a un pasticcio indigeribile, meritevole di essere superato con un minimo di intelligenza. Non diciamo che l'intero fascicolo sia da cassare e da dimenticare. Si continuino le necessarie indagini onde fare piena chiarezza, ma lasciamo perdere la cella. Si vada pure in tribunale allo scopo di non tralasciare neppure un tentativo di condannare Azzollini, ma per favore non fatevi offuscare dalla furia giustizialista. Prima il verdetto definitivo, di terzo grado, poi forse la galera. Sovvertire le regole del garantismo onde assecondare il bullismo giudiziario di gran moda è una caduta nell'inciviltà.

In conclusione, un consiglio: interrogate la suora minacciata di essere irrorata di urina, e se questa precipita dalle nuvole, piantatela di massacrare il senatore e aspettate le risultanze processuali. D'accordo, il Paese è stordito dalle infamie che caratterizzano la vita di Palazzo, e ha bisogno di essere rassicurato, cioè di constatare che i furfanti vengano strinati con verdetti esemplari, ma che almeno si attendano le sentenze dei giudici per linciare i rei.

Farlo a titolo preventivo è una barbarie: peggio di una virtuale pisciatina in gola alla madre superiora.

Commenti