Economia

Il governo riscrive la Stabilità La farsa del taglio delle tasse

Gli effetti della Brexit si faranno sentire sui nostri conti. E Renzi fa marcia indietro pure sulle pensioni

Il governo riscrive la Stabilità La farsa del taglio delle tasse

Pensioni, tasse e abolizione di Equitalia. Gli effetti della Brexit in Italia andranno oltre le turbolenze della Borsa e si faranno sentire a lungo. Giorno dopo giorno stanno scomparendo tutti i punti qualificanti della legge di Stabilità del 2017. O meglio, sta tramontando la finanziaria che avrebbe voluto Matteo Renzi. Un paio di giorni fa lo stesso premier ha fatto filtrare la notizia che rinuncerà al taglio delle tasse. Ieri altri segnali.

Il sesto incontro tra l'esecutivo e i sindacati sulle pensioni ha fortemente deluso Cgil, Cisl e Uil. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti avrebbe dovuto illustrare qualche dettaglio e, soprattutto, fare qualche cifra. Invece niente. Il sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini, economista vicinissimo al premier, l'ha definita «un'utile panoramica generale di ricognizione sui problemi per individuare posizioni e obiettivi». I sindacati hanno subito tradotto: è un melina. Il tentativo di trascinare il confronto «stancamente» fino ad autunno, senza avere sciolto il nodo delle coperture.

I costi stimati per l'introduzione della flessibilità per accedere alla pensione così come l'ha progettata lo stesso Nannicini, sarebbe stato intorno al miliardo all'anno.

Ma la prospettiva di dovere rimettere mano ai conti del prossimo anno per fare fronte alla crisi delle banche e anche a eventuali peggioramenti dei dati macroeconomici, sta facendo scartare tutte le misure di spesa.

Non è solo un problema di coperture. Gli aiuti delle banche non dovrebbero andare a deficit. Ma ottenere un via libera Ue a interventi extra rispetto a quelli già in campo sarà una partita complicata, che lascerà poco spazio ad altre misure poco gradite a Bruxelles. Come la riforma delle pensioni.

Diventa ancora più difficile realizzare l'altro sogno del premier, cioè un taglio alle imposte sui redditi da realizzare riducendo le due aliquote centrali. Nei giorni del consiglio europeo il premier ha fatto filtrare ad alcuni media il messaggio che al governo, al momento, non interessa più tagliare le tasse, ma fare crescere la competitività del Paese. Messaggio molto in linea con le indicazioni specifiche che da anni le istituzioni europee riservano all'Italia. A difenderle nel governo, c'era solo il ministro dell'Economia. Nell'era post Brexit, la posizione di Padoan è diventata quella prevalente.

Tra i progetti che sono stati riposti in un cassetto di Palazzo Chigi a quanto pare c'è anche la riforma della riscossione, annunciata più volte dal premier. La famosa abolizione di Equitalia, con l'accorpamento nell'Agenzia delle entrate, non è più una priorità. Tanto che ieri la società di riscossione ha varato una riorganizzazione.

Qualche buona notizia arriva dai dati macro. Nel primo trimestre 2016 secondo l'Istat il rapporto deficit Pil è stato inferiore a quello dello stesso periodo del 2015: 4,7 contro 5,2%. Bene entrate fiscali e potere di acquisto. Dati, però, che risalgono a prima della Brexit, con la fiducia dei consumatori in salita.

Una mezza sconfitta, invece, la faccenda del seggio del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Svezia, Kazakistan, Etiopia e Bolivia l'hanno ottenuto per il prossimo biennio.

L'Italia, invece, solo per il 2017, al termine del quale dovrà cederlo, come si è impegnata a fare per non incassare una sconfitta piena, ai Paesi Bassi.

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