Politica

Il governo scorda i tagli Niente spending review per calmare gli alfaniani

Troppe fibrillazioni sulla legge elettorale: scompare la scure sulle spese dei ministeri

Il governo scorda i tagli Niente spending review per calmare gli alfaniani

Tagli alla spesa non pervenuti. Nemmeno quelli di prassi, previsti dalla sessione di bilancio. Verrebbe da dare una giustificazione tutta politica. Visti i malumori dei ministri centristi - Angelino Alfano e Beatrice Lorenzin - sulla legge elettorale, Palazzo Chigi non se la sarà sentita di presentare un conto fatto di tagli ai budget dei rispettivi dicasteri. O forse è la filosofia pro spesa pubblica che è ben presente nel governo. Ad esempio la convinzione che tagliare il bilancio dello Stato faccia più male al Pil di eventuali aumenti delle tasse (in questo senso si è espresso il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan non molto tempo fa).

Fatto sta che la spending review, o quello che ne resta dopo anni di insuccessi e commissari licenziati, si è completamente arenata.

Entro maggio la presidenza del consiglio avrebbe dovuto varare, su proposta del ministero dell'Economia, un decreto per definire «gli obiettivi di spesa per ciascun ministero». Del provvedimento non c'è traccia nelle comunicazioni ufficiali e le richieste di spiegazioni ufficiali ieri sono andate a vuoto.

Eppure dovremmo essere entrati in un regime di «spending review permanente». Il decreto che vincola le spese dei ministeri è parte integrante della sessione di bilancio. Quindi di quella legge di Bilancio 2018, che il governo varerà in autunno e che dovrà passare al vaglio della Commissione europea e muovere come minimo 17 miliardi di euro per centrare gli obiettivi dettati dall'Ue.

Il governo ha messo in conto per il prossimo anno tagli ai ministeri per un miliardo, in aumento rispetto ai 500 milioni di quest'anno. Ma i tagli ai ministeri nella tradizione italiana - dura a morire - sono parte di una trattativa durissima, molto politica e che di solito si conclude il giorno della pubblicazione della legge di Bilancio nella Gazzetta ufficiale.

Il governo ha iniziato da poco una trattativa con Bruxelles sul bilancio del prossimo anno e con tutta probabilità incasserà una flessibilità parziale che consentirà di dimezzare la cifra necessaria a neutralizzare gli aumenti di Iva e accise previsti dalle clausole di salvaguardia. Tutto il resto - quindi eventuali misure di politica economica decise dal governo, questo o quello che verrà dopo le probabili elezioni politiche anticipate, dovranno essere finanziate. Anche con tagli alla spesa.

Dai conti del 2018 a quelli di quest'anno. Oggi prenderà il via al Senato l'esame della manovrina correttiva. La Commissione Bilancio si riunirà per fissare il termine per la presentazione degli emendamenti. Il provvedimento deve essere convertito in legge entro il 23 giugno. Il testo è chiaramente blindato ed è scontata la richiesta di fiducia da parte del governo.

I numeri per fare passare il decreto ci sono, ma la maggioranza è ancora a rischio. Mdp non ha partecipato al voto di fiducia a Montecitorio ed è pronto a sfilarsi anche a Palazzo Madama, a meno che non ci sia un ripensamento sui voucher. Anche l'Udc, per la prima volta, non ha votato la fiducia alla Camera e potrebbe replicare al Senato.

Incerto ancora il voto di Ala.

Commenti