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Grillo maestro di piroette si rimangia la proposta M5s

Nel 2013 sosteneva lo ius soli, ora invece lo rinnega. Ci ha messo quattro anni a capire che era un errore

Grillo maestro di piroette si rimangia la proposta M5s

Le idee politiche di Beppe Grillo cambiano in base al vento elettorale. Dopo il flop alle recenti elezioni amministrative, il leader pentastellato ieri ha emesso la sentenza sullo ius soli.

«Trattasi non di legge, ma di pastrocchio invotabile. È vergognoso tenere il Parlamento in stallo per discutere di provvedimenti senza capo né coda, mentre non si fa nulla per dare una mano alle famiglie italiane che si trovano in grande difficoltà economica», ha chiosato Grillo sul proprio blog. Il motto è cambiato e ora sembra uno slogan di CasaPound: «Prima gli italiani».

Il motivo ufficiale lo ha spiegato ancora il leader pentastellato: «Secondo l'Istat sono l'11,9% del totale, ovvero 7 milioni e 209mila persone che nel 2016 si sono trovate nelle condizioni di grave deprivazione materiale. Il Movimento 5 Stelle non si fa le pippe pensando alle alleanze, alle cadreghe, alle lobby o alle cooperative. Pensiamo ai problemi delle persone, se chi governa facesse altrettanto oggi non saremmo qui». Insomma, l'ordine del giorno è quello di insabbiare l'ultima débâcle elettorale, mettere un freno all'emorragia di voti e alzare un muro contro la battaglia del Pd. Per fare questo, Parigi val bene una messa. E va bene anche cambiare idea dimenticando le idee e le azioni del passato. Basti ricordare ciò che Grillo vergò nero su bianco sul numero della rivista Internazionale il 10 novembre 2004 dal titolo «L'impronta dell'invasore».

«Con una percentuale di stranieri molto più bassa di quella svizzera (due su dieci) o tedesca (uno su dieci), in Italia (uno straniero ogni trenta italiani) il governo, alcuni politici e alcuni mezzi di comunicazione stanno fomentando una psicosi da paese invaso», scriveva l'allora comico genovese. Un articolo intriso di buonismo che sembrava scritto dalla Boldrini. A quel tempo, c'era Silvio Berlusconi al governo e, ça va sans dire, ogni occasione era buona per sfoderare un attacco dal palco del suo spettacolo. «Ma chi sono davvero gli invasori? Perché il governo italiano parla solo delle impronte digitali degli extracomunitari e non parla mai delle impronte ecologiche degli italiani?», continuava Grillo. Che infine invitava ad aprire le porte e i confini: «Dopo cinquecento anni il pendolo delle migrazioni inverte il suo corso e l'Europa diventa stazione di arrivo invece che stazione di partenza. Dovremmo solo ringraziare il cielo che anche i migranti sembrano aver perso come noi la memoria della storia: invece di venire a regolare i conti di secoli di rapine, vengono in Europa per lavorare e pagano le nostre pensioni al posto dei figli che non facciamo. Eppure c'è chi riesce lo stesso a odiarli».

Ma c'è anche un'altra piroetta che è passata in sordina, subito silenziata. Nel maggio 2013, Grillo sembrava cedere a un sottile spiraglio: «La legge può naturalmente essere cambiata, ma solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita». Di Battista gli rispose a muso duro: «Io sono per lo ius soli. Lui non è un parlamentare. È più italiano il figlio di immigrati nato e cresciuto in Italia piuttosto che un argentino, nipote di italiani, che l'Italia non l'ha mai vista». Un mese dopo, il M5s depositò alla Camera un Ddl quasi speculare a quello su cui si discute in questi giorni. Primo firmatario era il deputato Giorgio Sorial, bresciano d'origine egiziana. E tra gli altri promotori c'erano nomi di spicco come Di Battista, Di Maio e Fico. Cosa prevedeva il testo? Concedere una sorta di ius soli temperato, cambiando l'attuale normativa per semplificare l'iter per la concessione della cittadinanza italiana ai figli di immigrati residenti sul territorio italiano sin dalla giovane età. Il Ddl era stato calendarizzato per la votazione sul blog pentastellato, ma poi non se ne seppe più nulla e la rete e gli iscritti non vennero interpellati. Tutto insabbiato.

Al motto dell'uno vale uno, succede sempre così: a sedare i dissensi interni e a emettere sentenza definitiva arriva sempre l'unico uno che vale uno: Grillo.

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