Guerra in Ucraina

I 75 anni dell'Alleanza risorta "grazie" a Putin (ma il futuro è un rebus)

Era il 2019 quando un Emmanuel Macron in versione rottamatore lanciò il suo, ormai citatissimo, allarme sulla Nato: "Vedo che ha l'encefalogramma piatto. Non so che futuro possa avere"

I 75 anni dell'Alleanza risorta "grazie" a Putin (ma il futuro è un rebus)

Ascolta ora: "I 75 anni dell'Alleanza risorta "grazie" a Putin (ma il futuro è un rebus)"

I 75 anni dell'Alleanza risorta "grazie" a Putin (ma il futuro è un rebus)

00:00 / 00:00
100 %

Era il 2019 quando un Emmanuel Macron in versione rottamatore lanciò il suo, ormai citatissimo, allarme sulla Nato: «Vedo che ha l'encefalogramma piatto. Non so che futuro possa avere». Parole in controtempo visto che a dare un compito all'Alleanza ci ha poi pensato Vladimir Putin con l'invasione dell'Ucraina. Ma a 75 anni esatti dalla nascita, l'anniversario cade oggi, La North-Atlantic Treaty organization non ha risolto i suoi problemi e si trova di fronte a una sfida esistenziale dopo l'altra.

Naturalmente è questione di intendersi. Dal punto di vista dei Paesi aderenti l'Alleanza può vantare un successo fondamentale: chi è entrato sotto il suo ombrello protettivo e riuscito a scansare le attenzioni russe. Gli unici tre Paesi dell'Europa orientale che non ce l'hanno fatta (Ucraina, Georgia e Moldavia) hanno dovuto sopportare un'invasione (i primi due) o una secessione armata (quella della Transnistria, con l'appoggio di Mosca).

Restano una serie di quesiti fondamentali. Centrale tra tutti il rapporto tra europei e statunitensi: il primo a lamentarsi fu Barak Obama, che chiese agli inquilini del Vecchio Continente di farsi carico in maniera più concreta, in pratica con più soldi, della propria difesa. Donald Trump arrivò al punto da mettere in dubbio il rispetto dell'articolo 5 del Trattato, che prevede gli obblighi di reciproca assistenza in caso di aggressione. Ora la prospettiva di una rielezione di Donald fa venire i brividi agli strateghi dell'Alleanza, che temono l'abbandono del Grande fratello Usa. Ma Trump a parte, gli europei devono prima di tutto mettersi d'accordo tra di loro: sul rispetto degli impegni finanziari, con l'esigenza di portare le spese al livello minimo del 2% rispetto al Pil; e sulla verifica di una reale volontà di coesione, che tenga conto non solo delle truppe in campo ma anche delle filiere militar-industriali che ogni Paese si ostina a coltivare in proprio.

Tutto era più facile, 75 anni fa, al momento della firma del Trattato. Di fronte al primo Comandante Supremo, Dwight Eisenhower, si ergeva in tutta la sua mole la minaccia sovietica. Quanto ai compiti della neonata istituzione il successore di Eisenhower, il britannico Hastings Lionel barone di Ismay li sintetizzò con una formula che è rimasta nel tempo: la Nato serve «to keep the Russians out, the Americans in and the Germans down», ovvero, tenere i russi alla larga, gli americani in Europa e i tedeschi sotto controllo». Così è stato, nonostante più di una crisi fino alla fine della Guerra fredda.

Da lì in poi per l'Alleanza è iniziato un nuovo percorso. Prima come poliziotto globale con gli interventi nell'ex Jugoslavia, in Kosovo, in Afghanistan; poi di nuovo, nei primi anni 2000 come ciambella di sicurezza per gli ex paesi del blocco comunista che volevano vedere sancito il proprio definitivo allontanamento da un passato fatto di repressione e di lutti.

Un capitolo a parte sono i rapporti tra l'Alleanza e l'Italia. In pochi Paesi la Nato incontra una diffidenza così diffusa e in un primo tempo anche a destra. Nel 1949 il Msi vota contro il trattato di ratifica dell'Alleanza: la guerra è appena terminata, per l'ala reducistica del Movimento un'intesa così stringente con gli ex nemici è impensabile. Ma nel giro di un paio d'anni o poco più l'atteggiamento si evolve: di fronte alla necessità di schierarsi l'Msi, già nel congresso del 1952 sposa la linea atlantista.

Ben più profonda e radicata è la diffidenza a sinistra. Solo nel 1976, in un'intervista a Giampaolo Pansa, il segretario del Pci Enrico Berlinguer dice di «trovarsi meglio qui» piuttosto che al di là della Cortina di ferro. Ma le ambiguità rimangono. Per anni la parola d'ordine del Partito resta non il sostegno della Nato, ma il «superamento delle alleanze militari esistenti». Che cosa voglia dire in concreto non si capisce.

Come gli slogan di molti pacifisti di oggi.

Commenti