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I dubbi del Quirinale: Gentiloni non prenda l'interim alla Farnesina

Mattarella avrebbe preferito il Renzi bis o Padoan. Niente limiti di tempo al governo

I dubbi del Quirinale: Gentiloni non prenda l'interim alla Farnesina

Dieci minuti non si negano a nessuno, nemmeno ai gruppi zero virgola dai nomi esotici e pittoreschi: è la democrazia bellezza, e tu non ci puoi fare niente. Porte aperte quindi al Quirinale e grande attesa per il Cav, atteso per oggi pomeriggio, l'unico che potrebbe sparigliare. Ma al momento la strada è segnata e non porta certo al governo istituzionale. «La proposta la deve fare il Pd», fa filtrare Sergio Mattarella, il che tradotto significa che il premier entro domenica deve decidere se restare a Palazzo Chigi o lasciare la poltrona a un suo candidato. Pier Carlo Padoan o Paolo Gentiloni? Meglio Padoan, dal punto di vista del Colle, perché ha più contatti in Europa. Meglio ancora Renzi, però lui resiste al pressing del capo dello Stato. Ma, per carità, va bene anche Gentiloni, è pur sempre il ministro degli Esteri.

I dubbi del presidente non sono tanto sulla persona quanto sul capacità del titolare della Farnesina di ottenere il massimo consenso interno. Tuttavia anche questo problema sembra superato: secondo il tam-tam del Nazareno né i franceschiniani né i bersaniani muovono obiezioni nei confronti di Gentiloni. Tra l'altro l'operazione potrebbe consentire a Renzi di continuare a controllare la situazione senza esporsi direttamente. Le ultime perplessità potrebbero essere fugate domani sera quando nello studio alla Vetrata si presenterà la delegazioni democratica. E i due capigruppo, si nota, sono fedeli di Franceschini, l'uomo che ha in mano la golden share del partito.

Qualche difficoltà invece potrebbe nascere sulla durata dell'esecutivo. Matteo, si sa, vorrebbe un governo breve, sciistico, che regga la baracca mentre si attende la sentenza della Consulta sull'Italicum e si omogenizzano le leggi elettorali, per poi portare il Paese alle urne quanto prima. Mattarella ha abbandonato la speranza di tenere in vita la legislatura fino alla sua fine naturale, primavera 2018, però non vorrebbe battezzare un esecutivo a tempo. Il nuovo governo, confida durante alcuni colloqui della giornata, non dovrà essere definito «di scopo o a termine». Anzi, occorrerà «partire dalla maggioranza uscente», mai sfiduciata dalle Camere, per poi aprirsi «ad altre forze», a cominciare proprio dalla riforma elettorale.

«Con il presidente - rivela Pino Pisicchio, dc di lungo corso, presidente del gruppo misto di Montecitorio - abbiamo condiviso la necessità di giungere a sistemi coerenti tra loro tali da consentire una navigazione nel nuovo tempo della politica italiana in una condizione non di caos». Quando una nave esce in mare, non si quando ritorna in porto. C'è di più. Mattarella, racconta un altro consultato, l'ex dipietrista Nello Formisano, oggi leader di Pensiero e Azione, spera in una «rappresentanza ampia capace di affrontare altri problemi; come il salvataggio della banche, i conti pubblici, i rapporti con l'Europa».

Ecco, a questo proposito un altro problema potrebbe aprirsi se Gentiloni, una volta premier, decidesse di mantenere l'interim degli Esteri. Sarebbe un segnale di provvisorietà che mal si adatterebbe alla necessità, segnalata dal capo dello Stato, di dare ai mercati finanziari un messaggio di solidità, di far vedere che abbiamo superato lo choc referendario. Tanto più ora che la Bce ha respinto la richiesta di Mps di avere più tempo per l'aumento di capitale.

Il tempo è finito, dice il presiedente: «Bisogna fare in fretta».

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