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Ma i giallorossi sono lacerati: resistere o staccare la spina

Nel M5s e nel Pd cresce la voglia di archiviare il Conte bis Pesano due incognite: le Regionali e la riforma elettorale

Ma i giallorossi sono lacerati: resistere o staccare la spina

Prima o dopo il voto in Emilia Romagna? All'indomani della consultazione sulla piattaforma Rousseau (il M5s correrà da solo in Emilia-Romagna e Calabria), il Pd ragiona su quando staccare la spina al governo Conte bis. Quel voto, che nei fatti sconfessa la linea politica del capo dei Cinque stelle, Luigi di Maio, certifica la morte dell'esperienza giallorossa. Ora al Nazareno si discute sui tempi: attendere l'esito delle Regionali in Emilia (e quindi una probabile sconfitta del governatore Pd Stefano Bonaccini) prima di chiedere le elezioni anticipate? Oppure accelerare, decidendo di spingere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte alle dimissioni, dopo l'approvazione della manovra? E dunque arrivare all'appuntamento elettorale emiliano con lo slancio della corsa verso il voto. Ormai la decisione è presa. Il dado è tratto.

Anche nel M5S la tentazione di rompere è forte. Di Maio, dopo il faccia a faccia con Beppe Grillo, è un capo senza più un esercito. Un leader dimezzato e commissariato dal fondatore. Da oggi sarà Grillo a dettare la linea. E la rotta indicata, un'alleanza politica con i democratici, rischia di frantumare il Movimento. Al Nazareno non si fidano della tregua Grillo-Di Maio. Tra Pd e Cinque stelle, i due azionisti del governo Conte, è scattata una gara segreta tra chi staccherà prima la spina all'esecutivo. Di Maio e Grillo rilanciano l'idea (che ha già dimostrato tutti i limiti) del contratto di governo: proposta accolta dal segretario dem senza entusiasmo. Il leader del Pd vuole un'alleanza politica. Al netto di smentite e sorrisi, Di Maio e il suo gruppo si tengono pronti al voto. E soprattutto non rinunciano all'opzione di presentarsi da soli alle elezioni. La cosiddetta terza via, invocata dal ministro degli Esteri, che aprirebbe un canale di dialogo, post-elezioni, con Matteo Salvini. Opzione su cui c'è il consenso di un gruppo di parlamentari. Grillo vorrebbe, al contrario, un'alleanza organica con il Pd anche in caso di ritorno alle urne.

Due posizioni che rendendo ancora più debole e instabile il governo Conte. Da qui la consapevolezza di come la strada del voto sia l'unica via d'uscita. Nel Pd le tesi sono due: Zingaretti e Orlando punterebbero a staccare la spina prima delle elezioni in Emilia-Romagna. Incassata la manovra, il leader dei dem chiederebbe al presidente del Consiglio di salire al Colle per rassegnare le dimissioni o rinegoziare un nuovo patto di governo. La seconda ipotesi ha scarse possibilità di ottenere l'ok del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. I più attendisti, il ministro della Cultura Dario Franceschini, i capigruppo di Camera e Senato, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, suggeriscono di attendere il voto in Emilia-Romagna. Che in caso di esito favorevole per i dem, potrebbe allungare la vita al governo Conte. Oppure decidere comunque di staccare la spina all'esecutivo.

C'è però un nodo da sciogliere prima di ridare la parola agli italiani: la modifica della legge elettorale. Nel Pd la posizione è compatta sul sistema maggioritario. Opzione su cui c'è la sponda della Lega: i contatti tra Orlando, numero due del Pd, e Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, indicano come la strada verso le elezioni anticipate sia in discesa.

Un accordo rapido su una modifica parziale, in senso maggioritario, del Rosatellum, segnerebbe il rompete le dighe.

E la corsa alle elezioni.

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