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"I giudici hanno sempre espresso le loro opinioni Solo ora li contestano"

Il togato del Csm sul caso Morosini: "Nel 2006 le toghe presero posizione sulla riforma e non ci furono obiezioni. No al diritto a corrente alternata"

"I giudici hanno sempre espresso le loro opinioni Solo ora li contestano"

Roma «I magistrati non devono fare politica, prendere parte a competizioni, manifestazioni, campagne elettorali, né strumentalizzare la loro funzione a fini politici. Diverso è esprimere un parere tecnico su una riforma costituzionale. Questo è un diritto». Claudio Galoppi, togato al Csm e portavoce di Magistratura indipendente, entra nel dibattito sull'intervista poi smentita di Piergiorgio Morosini, sul Foglio.

Un diritto di tutti i magistrati, compresi i membri del Csm, o c'è differenza?

«Tra i compiti del Consiglio c'è quello di esprimere pareri sulle riforme e in questo caso si parla di riforma della Costituzione. Credo che non si possa mai conculcare il diritto di esprimersi. In passato, quando si è trattato di prendere posizione su altre riforme costituzionali non ci sono state contestazioni».

Si riferisce al referendum del 2006 sulla riforma Calderoli? Armando Spataro ha ricordato che s'impegnò per l'abrogazione, proprio come fa oggi per il ddl Boschi.

«Nulla è mutato da allora, perché stavolta si sollevano obiezioni? Quel diritto non è mai stato messo in discussione e dev'essere riconosciuto sempre. Non può esserlo a corrente alternata ».

Eppure, dopo le frasi di Morosini sul suo impegno nella campagna per il No, il vicepresidente del Csm Legnini ha parlato di divieto per le toghe di schierarsi e si discute di una circolare per impedire certe esternazioni.

«Non mi pare si possa prevedere un divieto di prendere posizione, mentre non mi sembra opportuno partecipare a campagne con una valenza politica, elettorali o referendarie, perché al di fuori delle competenze della magistratura. Di un provvedimento del Consiglio ho sentito parlare e se sarà proposto ne discuteremo nella II commissione, di cui faccio parte. Certo, non sarò mai d'accordo a impedire a magistrati e membri del Csm di esprimere opinioni, anche fortemente critiche, ma come contributo alle riforme. Mentre vedo una chiara incompatibilità nella partecipazione a iniziative politiche».

Quella di Morosini non sarebbe una partecipazione attiva alla campagna referendaria?

«In plenum ha smentito di aver detto quelle frasi e noi ne abbiamo preso atto. Dubito che abbia manifestato la volontà di entrare nella competizione referendaria».

Però il Guardasigilli ha chiesto chiarimenti a Legnini e sembra ci sia il rischio di un'azione disciplinare.

«Sono incontri per una sinergia istituzionale sempre auspicabile. Per il resto, non è il Csm a prendere iniziative disciplinari e non so se ci saranno sviluppi».

Dall'intervista esce il quadro di un Csm in cui le nomine vengono fatte sotto pressioni di politici, correnti, imprenditori...

«Questo è inaccettabile, Morosini dice di non aver detto queste cose. Sono da due anni nella V commissione che fa le nomine e mai, dico mai, ho ricevuto pressioni. La nostra è una valutazione meritocratica, scegliamo il migliore. Ho anche proposto di rendere pubblici i lavori, per massima trasparenza. Devo dire che sulla selezione dei dirigenti ho sempre avuto in Morosini un alleato. Prova della nostra correttezza è che sono diminuite vertiginosamente le impugnazioni al Tar, dal 25 per cento del 2010 al 10 per cento del 2015 e su 331 delibere».

Il caso Morosini ha messo in ombra quello Fanfani, quasi che chi difende il Pd si salvi e chi attacca il governo rischi grosso...

«L'intervento a gamba tesa nelle indagini di Lodi del laico Pd è stato criticato da tutti in plenum, per il principio di non interferenza. E Fanfani ha deciso di non presentare più la pratica sull'arresto del sindaco.

Il caso si è chiuso per questo».

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