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I media: «May pronta a pagare 40 miliardi per la Brexit» Ma il governo: «Tutto falso»

Erica Orsini

Londra Il governo inglese è pronto a pagare 36 miliardi di sterline, quasi 40 miliardi di euro, per uscire dall'Europa. È quanto ha rivelato ieri il Daily Telegraph, secondo cui il pagamento di una simile somma è l'unica via d'uscita dallo stallo in cui versano attualmente i negoziati per Brexit. Ben tre fonti governative hanno confermato al reporter del giornale che l'esecutivo di Theresa May avrebbe acconsentito a sostenere il prezzo altissimo del divorzio dalla Comunità ma solo a patto che Bruxelles sia disposta ad inserire nell'accordo finale anche l'aspetto relativo ai trattati finanziari con i singoli Paesi. Così soltanto qualche settimana dopo che il ministro degli Esteri Boris Johnson aveva definito le richieste dell'Ue una vera «estorsione», il governo avrebbe deciso per l'ennesimo voltafaccia. Subito dopo il secondo round di incontri i negoziatori britannici si erano resi conto che Bruxelles aveva blindato le trattative, rifiutandosi di parlare di accordi commerciali fino a quando non fosse stato raggiunto un accordo sui diritti dei cittadini, sull'Irlanda del Nord e sul denaro dovuto dalla gran Bretagna per accordi già in atto. A questo punto, per uscire dall'impasse, agli inglesi non resta che proporre un accordo di transizione che preveda dei pagamenti rateali di 10 miliardi di sterline all'anno per la durata di tre anni dopo Brexit. Si tratta della metà di quanto inizialmente richiesto da Bruxelles, ma per molti, nel partito della May, è comunque una somma inaccettabile. Non sono «per niente corrette» le voci di stampa secondo cui il Regno Unito sarebbe disposto a pagare all'Ue un «conto del divorzio» per la Brexit fino a 40 miliardi di euro. Lo ha detto una fonte autorevole del governo britannico. Intanto ieri, dalle colonne dal Mail on Sunday, il liberaldemocratico Vince Cable ha accusato gli ultrasessantacinquenni che hanno votato per la Brexit di aver «fregato» i propri giovani condannandoli a un futuro incerto. Ma i giovani britannici sembrano venir discriminati anche dalle loro stesse università, come ha rivelato in esclusiva il Times. Il giornale ha scoperto che gli atenei più prestigiosi applicano criteri di ammissione molto meno rigorosi per gli studenti stranieri poiché essi sono una delle loro maggiori fonti di reddito.

Le tasse universitarie per i non residenti sono infatti più alte del 30 per cento rispetto a quelle pagate dai residenti.

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