Politica

I miliziani dell'Isis provano a resistere «Ma presto Sirte sarà di nuovo libera»

Per prendere la roccaforte del Califfo serve ancora tempo

Fausto Biloslavo

«Non si arrenderanno e sono ancora annidati in alcune zone della città. Ci vorranno un paio di settimane per liberare del tutto Sirte» spiega dalla prima linea un comandante impegnato ad espugnare la roccaforte delle bandiere nere in Libia. Niente nomi, ma le fonti libiche del Giornale confermano che i 500-1000 seguaci del Califfo trincerati a Sirte «sono votati alla morte. Non c'è nessuna possibilità di trattare una resa». Il portavoce dell'assedio, generale Mohamed al Ghasri, è ottimista: «La liberazione di Sirte potrebbe essere annunciata entro pochi giorni». L'operazione, iniziata in primavera, si chiama «Bunian al Marsus», che significa «edificio dalle fondamenta solide». I media libici parlano addirittura della vittoria finale nel giro di cinque giorni.

Ieri le forze anti Isis, che hanno perso almeno dieci uomini, sono penetrate nell'hotel Mujawir, da dove le bandiere nere tenevano sotto tiro il porto di Sirte. Sacche di jihadisti hanno continuato a resistere nel palazzo.

La battaglia è già costata ai governativi, soprattutto miliziani di Misurata, 350 morti e 3mila feriti. Le unità jihadiste sono ancora asserragliate in tre quartieri residenziali del centro. Veterani tunisini, jihadisti nigeriani di Boko Haram e affiliati libici che hanno scavato chilometri di tunnel, utilizzando come schiavi i prigionieri e trincee per muoversi fra le case. Quando si ritirano minano tutto e martellano con i cecchini. Per alleggerire l'assedio lanciano attacchi suicidi con dei mezzi corazzati artigianalmente ed imbottiti di esplosivo. Ieri i caccia americani hanno centrato uno dei questi «mostri», come vengono chiamati in gergo. Negli altri sei raid sono stati distrutti due camion con artiglieria pesante, un paio di mezzi carichi di rifornimenti e dieci postazioni dello Stato islamico.

«La liberazione totale della città è molto vicina» ha annunciato Fayez Serraj, il premier del governo di consenso nazionale libico voluto dall'Italia e dalle Nazioni Unite.

Dopo la conquista del porto degli scorsi mesi, che ha tagliato la via dei rifornimenti via mare, la svolta è stata la conquista di mercoledì del centro congressi Ouagadugu, nome della capitale del Burkina Faso. Il colonnello Gheddafi lo aveva fatto costruire nella sua città natale con cemento rinforzato, che neppure i carri armati riuscivano a sfondare. Un mega palazzo, che è stato utilizzato come centro di comando e controllo dello Stato islamico. In contemporanea la perdita del complesso universitario e dell'ospedale Ibn Sina hanno segnato una cocente sconfitta per le bandiere nere, che però non sono ancora finite.

L'offensiva ha avuto successo grazie ai bombardamenti dei caccia americani dell'operazione «Odyssey Lightning» ordinata dal presidente Barack Obama il primo agosto. I raid sono ancora pochi, una media al 4 al giorno, ma le bombe colpiscono in maniera chirurgica e mirata. Lo stesso Serraj ha confermato che «gli aerei americani hanno iniziato i bombardamenti per aprire la strada a un avanzamento delle nostre forze».

A Sirte sono presenti in prima linea reparti speciali inglesi ed americani per raccogliere informazioni d'intelligence, individuare bersagli e indirizzare i caccia sugli obiettivi. Al contrario le forze speciali francesi, che operavano a Bengasi, si sono ritirate la scorsa settimana.

Per mesi hanno appoggiato il discusso generale Khalifa Haftar, rivale giurato della città stato di Misurata e del governo di Tripoli, che stanno liberando Sirte.

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