Cronache

I mobili "ingombrano", la cella è troppo piccola E il detenuto va risarcito

Un giudice si inventa lo "sconto armadio": spazio insufficiente e pena ridotta. Un giorno in meno per ogni dieci trascorsi ristretto

I mobili "ingombrano", la cella è troppo piccola E il detenuto va risarcito

Se in cella l'armadio ingombra, il detenuto va risarcito. Questioni di spazio vitale. Ma non di logica. Perché è come se uno, al momento di comprar casa, chiedesse al venditore uno sconto in previsione del fatto che una volta arredato l'appartamento parte di esso non potrà essere goduta perché occupata dai mobili. Tra privati la richiesta sarebbe liquidata (nella migliore delle ipotesi) con una pernacchia. Ma quando di mezzo c'è Pantalone, le cose vanno diversamente.

Non meraviglia, allora, che a Verona un carcerato si sia visto ridurre la pena e liquidare una manciata d'euro dal Tribunale di sorveglianza per via del mobilio che riduceva oltremodo la superficie calpestabile della stanza che lo ospitava dietro le sbarre.

L'incredibile ma vero prende le mosse da un principio sacrosanto: in Italia da sempre ci sono troppi detenuti rispetto ai posti disponibili. A marzo del 2014, conferma il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, si registravano 59.728 reclusi in strutture con capienza complessiva di 49.131 posti, il 10% dei quali peraltro indisponibili causa lavori di ristrutturazione. Inevitabile doversi stringere. Tuttavia, per tutelare la dignità di chi vive in gattabuia, da tempo e per tempo, fissando quale limite quello del 28 maggio scorso, la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva avvisato: ai detenuti vanno garantiti almeno 3 metri quadrati a testa. Magari costruendo nuove strutture carcerarie, pure per evitare il continuo ricorso a indulti, amnistie e condoni vari. Il termine stabilito, però, è scaduto invano. E per evitare condanne miliardarie ed una figuraccia planetaria, ad agosto il governo Renzi c'ha messo una pezza, forse peggiore del buco. Prevedendo per decreto un abbuono d'un giorno ogni 10 passati in carceri sovraffollate ed un indennizzo di 8 euro per ciascuno di essi.

Inevitabilmente, sono fioccate le richieste risarcitorie. E i casi ai confini della realtà. Come a Verona, dove il magistrato di sorveglianza, dopo apposita perizia affidata ad un geometra, manco la guardina fosse un condominio ha argomentato: «Per individuare lo spazio vitale si deve far riferimento al concetto di superficie calpestabile, individuabile sulla base della legge sull'equo canone e coincidente con la pavimentazione depurata dallo spessore di eventuali colini perimetrali e pilastri». Non soddisfatto, ha passato minuziosamente in rassegna la voluminosità «di armadi, letti, tavoli, sedie, mobili pensili». In coda, il verdetto che fa giurisprudenza immobiliare: «Letti, tavola e sedie sono utilizzabili per varie finalità e quindi destinati a non ridurre lo spazio a disposizione del detenuto». Per armadi, radiatori e stipetti, che a differenza dei più versatili colleghi d'arredo evidentemente non possono aspirare ad essere altro da ciò che sono, vale regola diversa: «Sono suscettibili di unica ed esclusiva utilizzazione e vanno perciò scomputati dalla superficie lorda della cella». Alla fine, sebbene il Tribunale avesse deciso - bontà sua - di lasciare nel conto «le bottiglie dell'acqua e le scatole per la raccolta degli oggetti», togli questo e caccia quello ci si è accorti che «lo spazio residuo era di 0,4 metri quadrati inferiore al minimo». Così per la direzione del carcere è arrivata la bocciatura, mentre il ricorrente ha ottenuto uno sconto di pena di 45 giorni ed un rimborso di 464 euro.

Una goccia nel mare: fino al 2016 si prevede di spendere, per situazioni del genere, più di 20 milioni, all'incirca 725.000 euro al mese.

Tanto, pagano gli italiani.

 

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