Politica

I populisti restano senza "traino vincente". E su Meloni e Salvini inizia il fuoco amico

Dopo la sconfitta della Le Pen, in Fdi e Lega crescono le critiche ai leader

I populisti restano senza "traino vincente". E su Meloni e Salvini inizia il fuoco amico

Roma - Mille sfumature di sovranismo post-lepenista. All'indomani della sconfitta di Marine Le Pen, nella galassia dei sovranisti italiani, gli umori sono diversi e un po' confusi. Matteo Salvini sulla candidata del Front National aveva scommesso forte, tanto che Roberto Maroni in una intervista spiegò che il futuro del centrodestra dipendeva anche dal risultato francese. Ora il segretario leghista non arretra, anzi tiene il punto e alza i toni. Nella Lega, però, c'è chi non apprezza la sovrapposizione del messaggio del Carroccio con quello lepenista, in primis i bossiani che appoggiano la candidatura di Giovanni Fava alle primarie interne. Ma anche nel corpaccione del movimento le mancate vittorie dei populisti europei, da Hofer in Austria a Wilders in Olanda fino alla Le Pen, stanno accendendo dubbi tra coloro che avevano puntato su una vera e propria rivoluzione delle categorie politiche ed erano pronti a scommettere sul populismo come opzione maggioritaria.

Dentro Fratelli d'Italia è in corso una riflessione critica a vari livelli. Per Giorgia Meloni «l'Italia non è la Francia: qui ci sono le condizioni per quello che noi di Fratelli d'Italia chiamiamo sovranismo di governo. Qui non c'è incomunicabilità tra populismo e popolarismo. Non mi è sfuggito che Berlusconi, a differenza del Ppe che era schiacciato su Macron, non abbia preso posizione». Da tempo, però, alcuni dirigenti invitano a differenziarsi dalla Le Pen e dopo il voto è arrivata anche la critica di un veterano come Fabio Rampelli. «Il Front National non si è emancipato per tempo dalle sue zavorre, il voto dimostra l'incompiuta modernizzazione di una destra francese ancora greve, cui la Le Pen ora pare voler tardivamente porre rimedio. Una delle cause è la mancata contaminazione in Francia tra populismo e popolarismo, di cui si è avvantaggiato l'esile e vuoto banchiere di Amiens». In realtà la posizione di Rampelli non rispecchia del tutto quella della Meloni, sia nel merito che nel metodo, perché, spiegano, «alla fine questo è un giochino che ci indebolisce. E poi magari ci sbagliassimo noi come la Le Pen prendendo quasi 11 milioni di voti...». Di certo, però, Fratelli d'Italia in vista del congresso dell'11 novembre su questo e su altri temi aprirà una riflessione critica.

Un fermo ancoraggio alla coalizione viene chiesto anche da Gianni Alemanno e Francesco Storace che chiedono unità al centrodestra e invitano a non dare per finita la battaglia sovranista. Nonostante la sconfitta, dicono l'ex sindaco di Roma e l'ex governatore del Lazio, il risultato della Le Pen «è un monito per il centrodestra a ritrovare l'unità partendo dalle idee sovraniste per portare avanti una battaglia con l'Europa e con una Germania che non è disposta a fare compromessi ma che va affrontata a viso aperto».

Uno dei problemi del fronte sovranista è che l'onda lunga del populismo dopo la vittoria della Brexit e di Trump sembra essersi interrotta. Il treno francese non ha portato la vittoria sperata, Brexit non sembra in grado di far vacillare l'euro, in Germania la partita sembra ristretta a una corsa a due tra Angela Merkel o Martin Schulz, essendo Afd troppo debole e forse destinato a perdere ulteriormente quota dopo le dimissioni della leader dei populisti Frauke Petry e la mancata candidatura per la cancelleria. I «traini», insomma, sono finiti.

E ora bisognerà dimostrare nelle urne italiane la propria consistenza elettorale.

Commenti