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I prof frenano la scuola: bocciata la meritocrazia

No della maggioranza degli insegnanti ai premi a chi lavora meglio e alla chiamata dal preside

I prof frenano la scuola: bocciata la meritocrazia

Roma - La Buona Scuola targata Matteo Renzi? Bocciata senza appello dagli insegnanti che dicono no prima di tutto alla cancellazione degli scatti di anzianità per passare esclusivamente agli scatti conseguenti al merito. Scatti che, va precisato, riguarderebbero al massimo il 66 per cento dei docenti ogni tre anni. Il sindacato Gilda ha raccolto l'opinione di 2.734 docenti sulle proposte del governo ed il quadro che emerge è decisamente negativo. Ancora una volta dunque si registrano le pesanti resistenze del corpo docente nei confronti di una ipotesi di progressione di carriera non più legata soltanto all'anzianità ma alla quantità ed alla qualità dell'impegno.

Questa volta però occorre riconoscere che i docenti hanno anche delle buone ragioni dalla loro parte. Se la riforma della Buona Scuola puntasse davvero a ripartire dal merito non dovrebbe prevedere come primo atto l'assunzione di 150.000 precari dei quali non conosce neppure i profili professionali e non è chiaro l'impiego visto che le cattedre da coprire per il turn over saranno al massimo 50.000. Tra loro potrebbero esserci persone che hanno smesso di insegnare da anni. Non solo. Pianificare una carriera sulla base del merito è sacrosanto ma non si può pensare di dare i primi aumenti dopo tre anni cancellando invece da subito quelli di anzianità. Francamente non è equo. Proprio ieri è stato pubblicato un rapporto della Commissione Europea che mette i docenti italiani in fondo alla classifica dei Paesi Ue per qualità ed efficacia nell'insegnamento a tutti i livelli. Nello stesso Rapporto della Commissione Ue però si sottolinea pure che la spesa pubblica per l'educazione in Italia è tra le più basse in Europa. Insomma sacrosanto introdurre il principio del merito che però poi va anche pagato quanto c'è.

Si presenta tutto in salita il cammino della riforma annunciata dal governo all'inizio di settembre. Una rivoluzione sulla carta che però aveva da subito suscitato forti perplessità prima di tutto per le coperture di spesa necessarie per procedere all'assunzione dei circa 150.000 docenti precari entro settembre 2015. La promessa di cancellare le graduatorie ad esaurimento e con esse la piaga del precariato è stata concretizzata nella Legge di Stabilità (ancora non approvata) ed è stato trovato il miliardo necessario per garantire il contratto a tempo indeterminato ai 149.000 docenti in attesa.

Ma a che prezzo? Corposa parte dei risparmi deriva anche dal blocco degli aumenti di stipendio per tutti i docenti fino al 2019 anno in cui arriverebbero i primi aumenti legati alla riforma che vuole premiare il merito. Sembra però che Renzi abbia fatto i conti senza l'oste. Quella degli stipendi è materia di contrattazione ed i sindacati hanno già fatto sapere di ritenere inaccettabile un blocco degli aumenti. Ora il sondaggio di Gilda conferma che l'84,32 per cento dei docenti è contrario all'abolizione degli scatti di anzianità. Non solo. Una percentuale analoga, l'81,41 per cento, giudica «pessima» l'idea di istituire un percorso di carriera che premi soltanto il 66 per cento degli insegnanti ogni tre anni. Altro punto dolente è il rifiuto dell'ipotesi di dare ai dirigenti scolastici la possibilità della chiamata diretta degli insegnanti. Dicono no nel 76,88 per cento dei casi.

I sindacati promettono battaglia.

«È assurdo pensare ad una buona scuola tenendo bloccati contratti e retribuzioni fino al 2019», dice Massimo di Menna segretario generale Uil scuola.

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