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Berlusconi, quattro colpi al cuore

Ecco i golpe bianchi che hanno sovvertito il voto degli italiani. Dall'assalto giudiziario alle trame del Quirinale

Berlusconi, quattro colpi al cuore

Settanta pagine di dossier, allegate alla proposta di legge per creare una Commissione parlamentare di inchiesta sui «quattro colpi di Stato», quelli che nelle ore del ricovero al San Raffaele sono già diventati, nell'entourage di Berlusconi, i «quattro colpi al cuore» dell'ex premier. La ricostruzione storica, curata personalmente da Berlusconi, parte da una domanda: «Non si sono visti né carri armati né militari, né cortei di gente in rivolta nelle strade, ma come chiamare il capovolgimento della volontà espressa liberamente dai cittadini alle elezioni senza passare di nuovo per le urne? Non c'è che una risposta: colpo di Stato. Nel nostro Paese questo è successo per quattro volte».

Mani pulite (1992-1993)

L'inchiesta della Procura di Milano che spazza via i partiti (non tutti) della Prima repubblica viene definita «un'operazione venuta da lontano», cioè dalla nascita nel '64 di Magistratura democratica, corrente di estrema sinistra che già teorizzava una «via giudiziaria al socialismo, da realizzarsi attraverso l'uso alternativo del diritto da parte di magistrati militanti». Con la stagione di Mani pulite i magistrati milanesi, «diversi dei quali hanno poi fatto carriera politica a sinistra, hanno decapitato selettivamente e scientificamente tutti i partiti di governo, risparmiando l'ala sinistra della Dc e il Pci-Pds perché funzionali al loro disegno politico». Qui trova spazio un'autocritica: «Nel 1992, da cittadino e imprenditore, anche Silvio Berlusconi giudicò positivamente Mani Pulite, probabilmente non avendone compreso la reale portata. Anche le sue televisioni contribuirono a fare di quei magistrati delle star, aumentandone la presa sull'opinione pubblica». Finendo con l'accelerare quella che, poco dopo, viene definito «un golpe in guanti di velluto». Che doveva completarsi con l'ultimo tassello, «far vincere la sinistra alle elezioni», per cui nel '93 il Parlamento approva una legge elettorale «costruita di fatto sulle esigenze della sinistra». Ma nel '94, con la «discesa in campo» del Cavaliere, le cose vanno altrimenti. E si arriva così alla seconda tappa.

Il '94 e lo zampino di Scalfaro

Nel novembre del '94, in pieno vertice Onu a Napoli, esce la notizia di un avviso di garanzia per l'allora premier Berlusconi. «Il primo effetto collaterale è l'uscita della Lega dalla maggioranza e la conseguente fine dell'esecutivo eletto dai cittadini». Qui un ruolo cruciale è ricoperto dall'inquilino del Quirinale, Oscar Luigi Scalfaro (che in un colloquio rivelato da Bossi lo esortò a far naufragare il governo: «Se non lasci subito Berlusconi finirai nel baratro anche tu!»). Il dossier cita un'altra testimonianza, quella del successore di Scalfaro al Quirinale, Carlo Azeglio Ciampi. Nei diari dell'ex presidente Ciampi, pubblicati ma «forse non ancora letti con la dovuta attenzione», si racconta questo episodio rivelatore, da una fonte non certo sospettabile di partigianeria berlusconiana come Ciampi: «Una cena dal Segretario generale del Quirinale, Gaetano Gifuni, è l'occasione per annotare i giudizi del presidente della Repubblica (Scalfaro, ndr) che appare preoccupato dal fenomeno Berlusconi fino ad auspicare un fronte tipo Comitato di Liberazione Nazionale», le virgolette sono nei diari di Ciampi e stanno a significare che la frase è letteralmente attribuita a Scalfaro. Chiosa il dossier: «Il leader della coalizione che aveva vinto le elezioni doveva essere eliminato come Mussolini, doveva essere combattuto come se fosse un nemico della democrazia. Più guerra civile di così». E aggiunge: «Il fatto che il presidente Scalfaro si sia permesso tranquillamente, sia pure in circoli ristretti, di far conoscere questo suo intendimento sovvertitore dell'ordine democratico, è significativo della consapevolezza di una piena impunità e della certezza di sicura condivisione tra alti papaveri e alti pennacchi della Repubblica». La spallata riesce: alle elezioni del '96 vince il centrosinistra, anche se «solo perché la Lega non volle allearsi con Forza Italia».

2011, l'intrigo internazionale

E arriviamo al 2011, forse l'operazione più intricata e complessa (anche a livello internazionale), che ha tuttavia ottenuto lo stesso effetto: far sloggiare Berlusconi da Palazzo Chigi. Il dossier fa partire la macchinazione dal 2009, quando la popolarità del governo di centrodestra è molto alta (dopo il G8 all'Aquila colpita dal terremoto i sondaggi registrano un 75,3% di gradimento per il premier). «La sinistra, esponenti delle istituzioni, della politica e della magistratura si mettono in allarme. E viene deciso un cambiamento di strategia». Alla «gogna mediatico-giudiziaria» si aggiunge una manovra politica che ha, anche stavolta, il suo epicentro al Quirinale. In tandem con la terza carica dello Stato, in quel momento ricoperta dal predestinato successore del Cavaliere alla guida del Pdl: «L'ambizione personale dell'onorevole Gianfranco Fini venne solleticata da precisi e sempre più insistenti interventi del presidente Napolitano attraverso lusinghe e promesse. Gli fu autorevolmente ed esplicitamente garantito dal Capo dello Stato, Napolitano che, se fosse riuscito a costruire una diversa maggioranza gli sarebbe stato conferito l'incarico d formare il nuovo governo, espressione della nuova maggioranza». Nasce il gruppo dei finiani che si porta via 37 deputati del Pdl, «e per tutto il 211 il gruppo Pdl alla Camera fu sottoposto a ripetuti tentativi di seduzioni per convincere i suoi componenti a passare dall'altra parte. In questo caso, ovviamente, nessuno ha subìto indagini o processi per corruzione!». All'operazione politica in Parlamento si aggancia il pressing delle cancellerie europee per togliersi dai piedi Berlusconi («Merkel e Sarkozy non accettavano che si opponesse al loro strapotere»), e parte «l'imbroglio degli spread». Uno dei protagonisti, nella ricostruzione berlusconiana, è il presidente della Deutsche Bundesbank, la banca centrale tedesca: «Aveva visto la sua candidatura alla Bce, proposta dalla Merkel, sconfitta dalla candidatura di Mario Draghi fortemente voluta da Berlusconi. Nel luglio 2011 improvvisamente ordinò a tutte le banche tedesche di collocare sul mercato secondario tutti i titoli del debito pubblico italiano in loro possesso». Schizza lo spread, ed insieme l'allarme per l'Italia, mentre già Napolitano - come raccontato dai testimoni diretti - consultava privatamente possibili ministri del prossimo governo tecnico. Che infatti arriva, con Mario Monti premier, il 16 novembre 2011. «Un esecutivo di tecnici nominato dall'alto, fatto insediare al posto di un governo politico regolarmente eletto dai cittadini, non solo mise in ginocchio il Paese strangolando di tasse famiglie e imprese, ma capovolse la volontà degli elettori. Operazione che è la negazione della democrazia». Un quiet coup d'État.

2013, la mannaia giudiziaria

Nelle elezioni politiche il centrodestra raggiunge un risultato al di sopra delle aspettative, inferiore al Pd solo per 125mila voti, e «offre la disponibilità a costituire un governo di pacificazione, il cosiddetto governo di larghe intese», sul modello della Grosse Koalition tedesca. Berlusconi, a sorpresa, rientra quindi in partita. Per questo, argomenta la ricostruzione, ricomincia «la persecuzione giudiziaria, con una impressionante accelerazione di tutti i processi in corso e con l'invenzione di nuovi procedimenti a suo carico». Nel processo sui diritti Mediaset, quello che porterà alla decadenza dal Senato, «i collegi giudicanti sono stati perfino presieduti da togati che si erano messi in luce partecipando a manifestazioni pubbliche contro Berlusconi. In primo e secondo grado sono stati rifiutati 171 testimoni a suo favore, vanificando del tutto il suo diritto alla difesa. Dopo la condanna di primo grado si è proceduto con una velocità tale che, tra la sentenza di primo grado e il pronunciamento della Cassazione, sono passati meno di otto mesi. Un record assoluto».

Le testimonianze arrivate dall'Irlanda e da Hong Kong e poi la deposizione resa al Fisco americano dall'Ad del gruppo Agrama (fornitore dei diritti tv), così come le altre prove della «assoluta estraneità di Berlusconi a quel gruppo di società offshore» non sono state prese in considerazione dai giudici. «Forse per un ordine superiore» chiosa il dossier sulla vicenda di Berlusconi. Che il 1 agosto 2013 viene condannato dalla «sezione feriale» della Cassazione. «Poco dopo la lettura della sentenza il segretario del Pd Epifani annunciò festoso che si sarebbe dato immediatamente corso alla procedura di decadenza dal Senato». Iter che parte e si conclude a novembre, con l'estromissione del leader azzurro dal Parlamento. «Così, per via giudiziaria, è stato eliminato il nemico di vent'anni». E Renzi? Si parla anche di lui. Quando l'ex sindaco di formazione cattolica e democristiana diventa segretario del Pd, per Berlusconi equivale ad «allargare il cuore alla speranza». Ma dura poco. «Improvvisamente, a freddo, Renzi ha voluto per sé Palazzo Chigi, senza passare da elezioni.

Cos'è questo se non l'ennesimo stravolgimento della democrazia?».

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