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I vescovi iracheni chiedono aiuto: salvate i vostri fratelli in pericolo

L'accusa: «L'Europa garantisce i diritti di tutti ma non i nostri. E i visti li dà a chi appartiene ad altre religioni»

I vescovi iracheni chiedono aiuto: salvate i vostri fratelli in pericolo

«Europei svegliatevi! - esortava Douglas Bazi, prete in trincea nel nord dell'Iraq - I vostri fratelli cristiani stanno morendo. Aprite le porte e concedete alla mia gente i visti per emigrare e andarsene da questo Paese orribile». Un appello doloroso, che dimostra come i nostri fratelli di fede e cultura abbiano disperato bisogno di noi. Padre Bazi ha accolto lo scorso agosto ad Erbil, la «capitale» del Kurdistan, i fedeli in fuga da Mosul e la piana di Ninive. Tempo fa a Baghdad era stato rapito e brutalmente picchiato. Un prete in prima linea, che conosce bene il suo gregge e pochi mesi fa si appellava a noi giornalisti per convincere una sonnacchiosa Europa ad aprire le porte rimaste in gran parte chiuse. La stragrande maggioranza dei 120mila cristiani rifugiati nel Kurdistan iracheno vogliono scappare dall'inferno che si sono lasciati alle spalle con l'avanzata dello Stato islamico. Solo pochi hanno ottenuto un visto, soprattutto dalla Francia.

Amil Nuna è il vescovo di Mosul costretto alla fuga con i suoi fedeli davanti alla bandiere nere. Nella chiesa di San Giuseppe ad Erbil ha ammesso tristemente con il Giornale, che «l'Occidente ci ha un po' dimenticato. L'Europa ha radici cristiane. Per questo motivo dovrebbe avere la responsabilità morale di garantire una vita degna per i fratelli cristiani in Iraq o all'estero».

L'Unione europea, forse in nome di una visione distorta del politicamente corretto, ha reagito con lentezza alle richieste d'aiuto del vescovo. Lo scorso anno, subito dopo il grande esodo dei cristiani nel nord dell'Iraq, davanti alla barbarie del Califfato «è stato presentato un nostro progetto per la costruzione di 5mila case, tramite i ministri degli Esteri di tre paesi, rimasto lettera morta» per mesi.

Monsignor Shlemon Warduni è vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei e pastore della provincia di Anbar in gran parte occupata dal Califfato. Pochi mesi fa durante una visita in Italia ha dichiarato a il Giornale: «L'Europa garantisce i diritti di tutti. Bene, ma cosa fa per i diritti dei cristiani cacciati dalle proprie case?». Alla domanda se l'Italia e altri Paesi europei dovrebbero accogliere i cristiani in fuga rispondeva secco: «Ancora prima di questa tragedia, da anni chiedevamo: perchè date i visti a gente di altre religioni e non a noi? - ha sostenuto Warduni - Pure io ho avuto difficoltà a portare la mia segretaria a farsi visitare per un tumore in Italia. E talvolta i cristiani devono comprarsi i visti. Il risultato è che molti investono i pochi soldi rimasti, fino a 10mila euro a testa, partendo come clandestini verso l'Europa, gli Stati Uniti, l'Australia».

I religiosi in prima linea hanno le idee chiare su cosa dovrebbero fare gli europei, che almeno al quartier generale di Bruxelles sembrano aver dimenticato per strada le loro radici cristiane. Da una parte cercano disperatamente di trattenere il loro gregge nel Medio Oriente, dove i cristiani rischiano l'estinzione. Dall'altra si rendono conto della triste realtà sul terreno e auspicano che i loro fedeli vengano accolti dai paesi cristiani, in maniera prioritaria. In realtà avviene spesso il contrario.

«I cristiani iracheni in fuga, nella speranza di un visto per l'Europa, vendono le loro case nella piana di Ninive occupata dallo Stato islamico - ha rivelato a il Giornale padre Zoher Naser in Kurdistan - Agenzie immobiliari senza scrupoli offrono cifre 3 o 4 volte inferiori al valore dell'immobile. Si approfittano della tragedia». Il prete rogazionista, che oggi opera in Giordania, aveva sottolineato: «É una specie di indiretta pulizia demografica per cancellare la nostra presenza millenaria. Una famiglia cristiana media nella piana di Ninive possedeva casa e terreno per un valore di 200mila euro. Adesso è costretta a cederli per 50mila ad agenzie che comprano in massa».

Davanti alle porte chiuse dei Paesi Ue, secondo Patrick Enwyia, volontario dell'organizzazione americana Save Iraqi Christian, «intere famiglie cristiane esasperate stanno scegliendo la via dell'ingresso clandestino in Europa pagando anche 10mila dollari ai trafficanti di uomini».

Proprio per spezzare questo mercimonio sarebbe doveroso aprire un corridoio umanitario o semplicemente concedere i visti di ingresso ai profughi cristiani iracheni e siriani.

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