Politica

Italia ostaggio all'Onu In pole per un seggio che per ora non si vede

Nulla di fatto nelle prime cinque votazioni sui 5 membri non permanenti. Il rischio di un flop

Valeria Robecco

New York Al Palazzo di Vetro l'Italia rimane ostaggio di una diffusa titubanza da parte dei Paesi membri, concludendo con un nulla di fatto le prime cinque votazioni che si sono svolte nella mattinata di ieri in Assemblea Generale per il rinnovo di cinque membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu per il biennio 2017-2018. Un risultato che, seppur parziale, è sicuramente al di sotto delle aspettative della vigilia, e secondo fonti diplomatiche è il riflesso di una non convinzione in merito alle istanze italiane tanto quanto a quelle dei Paesi Bassi.

E mentre continua un lungo braccio di ferro, ritorna lo spettro di quanto accaduto nel 2000, quando l'Italia perse alla quarta votazione contro la Norvegia l'elezione per il biennio 2001-2002. Chi incassa subito la vittoria sono la Bolivia, eletta con 183 voti per l'America Latina e Caraibi, l'Etiopia con 185 per l'Africa, e la Svezia per il gruppo dell'Europa Occidentale con 134 voti, mentre Italia e Paesi Bassi finiscono al ballottaggio per il secondo posto rispettivamente con 113 e 125 voti, numeri inferiori al quorum necessario pari alla maggioranza dei due terzi dei voti validi. Al secondo scrutinio passa il Kazakistan con 138 voti per l'area Asia-Pacifico, ma per l'ultimo seggio in palio ci sono altre quattro fumate nere. Un nulla di fatto che ha un sapore amaro per l'Italia visto l'ottimismo iniziale: Roma era considerata favorita rispetto alle due rivali del Nord in considerazione dell'agenda che attende nei prossimi due anni l'organizzazione internazionale e per la sua collocazione geografica nel cuore del Mediterraneo, che la rende crocevia tra nord e sud, tra est e ovest del mondo.

L'Italia punta a tornare in Consiglio di Sicurezza in un momento in cui i principali dossier sul tavolo negoziale riguardano le crisi in atto proprio in quell'area, come il caos in Libia e il conflitto in Siria, e soprattutto la complessa questione di migranti e rifugiati.

Ma a meno di dieci anni dalla fine dell'ultimo mandato, la conquista del settimo ingresso nell'organo esecutivo dell'Onu rischia di sfumare. Secondo fonti informate il punto in cima all'agenda dell'Italia come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza sarebbe quello della crisi migratoria, un problema che nessuna grande istituzione dell'Ue, ma nemmeno l'Onu, è riuscita in qualche modo a fronteggiare, e riguardo al quale Roma mette sul tavolo una notevole competenza, oltre all'impegno nei salvataggi dei profughi in mare. Evidentemente però, almeno sino ad ora, questo non è stato sufficiente a convincere un numero abbastanza cospicuo di Paesi membri. Ma c'è anche chi attribuisce l'impasse al fatto che l'Italia si è candidata in ritardo rispetto alle concorrenti, e per questo motivo in diversi si erano già impegnati.

Tra i punti di forza del programma tricolore, invece, c'è l'impegno di lunga data nel peacekeeping, che vede il Paese primo contributore di caschi blu tra gli Occidentali e nella top ten dei finanziatori globali. E ancora l'attenzione ai rischi causati dal cambiamento climatico e le ripercussioni sulla pace e sicurezza internazionale. I membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza sono eletti a rotazione ogni due anni, e per il rinnovo di cinque dei dieci seggi relativo al biennio 2017-2018 i nuovi eletti a partire dal primo gennaio sostituiranno i membri non permanenti uscenti (Spagna, Nuova Zelanda, Angola, Venezuela e Malesia).

Rimangono per il 2017 Egitto, Giappone, Ucraina, Senegal e Uruguay, oltre i cinque Paesi con un seggio permanente, ossia Usa, gran Bretagna, Francia, Russia e Cina.

Commenti