Politica

Italia verso la missione in Libia in ballo gli interessi energetici

Smentita la Pinotti. Ipotesi intervento «se lo chiederanno le autorità libiche» e se fossero a rischio i nostri approvvigionamenti. Previsto anche l'addestramento delle forze locali

Anna Maria GrecoRoma L'Italia potrebbe muoversi in Libia se gli approvvigionamenti energetici italiani dal Paese nordafricano, gestiti dall'Eni, fossero messi in qualche modo a rischio. È questo il nuovo orientamento emerso ieri al termine del Consiglio supremo di Difesa, presieduto al Quirinale dal capo dello Stato, Sergio Mattarella alla presenza del premier Matteo Renzi.In particolare, recita il comunicato diffuso al termine della riunione, è stata «attentamente valutata la situazione in Libia, con riferimento sia al travagliato percorso di formazione del governo di accordo nazionale sia alle predisposizioni per una eventuale missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche». Il senso della nota non è difforme da quanto esposto dai componenti del governo, seppur tra mille distinguo, negli ultimi giorni. La novità è, però, rappresentata dalla sottolineatura degli interessi del nostro Paese in ambito energetico tra le priorità che saranno valutate «In tale quadro - prosegue la nota - è stato considerato l'impatto sugli scenari di crisi e sulla sicurezza energetica italiana ed europea dell'andamento dei mercati degli idrocarburi». Un chiaro riferimento alla possibilità che le valutazioni siano condotte anche sulla base di un eventuale attacco o insidia dell'Isis agli impianti dell'Eni, circostanza che negli anni scorsi si è talvolta verificata.La grande maggioranza degli impianti del Cane a sei zampe si trova nella regione della Tripolitania che è quella che, in caso di una missione Onu, dovrebbe essere assegnata al peacekeeping italiano. Tuttavia, come ribadito dallo stesso Consiglio supremo di Difesa, si aspetterà che sia il governo unitario (sperando che riesca a formarsi) a invocare un intervento militare di sostegno.Certo, non sempre è facile interpretare le parole dei componenti del nostro esecutivo che, a volte, sembrano voler escludere del tutto l'opzione delle armi. «La Libia può essere stabilizzata solo con l'intervento delle forze locali. Un intervento militare di occupazione del Paese sarebbe impensabile», ha dichiarato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ieri a La telefonata di Maurizio Belpietro su Canale 5. Il primo passo da affrontare, secondo il ministro, «è la stabilizzazione, difficile da immaginare senza una interlocuzione con i libici stessi». Ecco perché Pinotti ha giudicato «un segnale negativo la fumata nera per il voto al governo di unità nazionale» ed esprime la preoccupazione del governo «per i continui rinvii». Una Libia fuori controllo favorisce infatti l'avanzata dell'Isis.Quando il governo libico si sarà insediato «ci sarà bisogno di dare una mano per la sicurezza, con addestratori e forze di protezione, a questo stanno lavorando 19 nazioni, con il coordinamento dell'Italia». Una rivendicazione del ruolo italiano che stride con l'iniziativa unilaterale presa dalla Francia con l'invio di truppe di terra.

«Il ministro francese ha sempre riconosciuto all'Italia il ruolo di coordinamento», ha tagliato corto Pinotti.

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