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Gli italiani convertiti all'islam vendevano armi a Libia e Iran

Quattro fermi, c'è una coppia napoletana: ambulanze trasformate in elicotteri da guerra. Più fucili e missili

Fausto Biloslavo

L'imprenditore che vende elicotteri da guerra alla faccia dell'embargo, la coppia del Napoletano con il marito convertito all'Islam, che ha contatti ad alto livello in Iran e a Tripoli e il misterioso libico che va a controllare le armi in Ucraina. L'inchiesta «Italian job» della Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha scoperchiato un clamoroso traffico di materiale bellico con l'Iran e la Libia: elicotteri, fucili mitragliatori d'assalto, missili a spalla terra-aria e anti carro. Ieri la Guardia di finanza al comando del colonnello Gianluca Campana ha eseguito decine di perquisizioni in tutta Italia e arrestato tre persone. In manette è finito Andrea Pardi, amministratore della Società Romana Elicotteri e una coppia di San Giorgio a Cremano, nel napoletano, Mario Di Leva e Anna Maria Fontana. Il libico Mogamud Alì Shaswish è latitante. L'accusa dei pm Catello Maresca e Maurizio Giordano è di «traffico internazionale di armi» con Paesi sotto embargo.

Il sistema era semplice e si basava sulle triangolazioni. In pratica le armi non transitavano mai per l'Italia e Pardi procurava elicotteri per il soccorso o da trasporto di fabbricazione russa, che venivano facilmente armati in seguito. «Sicuramente sono andate a buon fine la fornitura di pezzi di ricambio per gli elicotteri iraniani e di fucili d'assalto alle milizie libiche» spiega al Giornale, il colonnello Campana. Pardi si appoggiava alla coppia Di Leva per i contatti all'estero. La banda ha trattato un carico di 13.950 fucili M 14 per la Libia, ma pure un'eliambulanza ed elicotteri russi Mi 17. In una mail alla moglie Di Leva scriveva incautamente: «Hi Anna, i need this Jup... Igla, Sam-7, Kornit». La procura specifica che si tratta di «modelli di missili anti-carro e terra-aria di produzione sovietica».

Mario è un convertito all'Islam sciita con il nome musulmano di Jaafar. Sua moglie ha vissuto in Iran per 17 anni e a San Giorgio veniva soprannominata la «dama in nero» per l'abitudine a portare il velo. Negli anni '80-'90 faceva parte della giunta locale per il Psi e Psdi. L'ultimo post del 29 agosto sulla pagina di Mario/Jaafar è il faccione di Grillo sotto il link «M5s unica speranza d'Italia». I coniugi si sono fatti immortalare con l'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Gli investigatori hanno sequestrato una missiva di Jaafar indirizzata al grande ayatollah Alì Khamenei, guida conservatrice dell'Iran, per mettersi a disposizione in maniera «inequivocabile». L'esportazione dei pezzi di ricambio per elicotteri proibiti a Teheran valeva 757.500 euro versati sul conto di una società panamense.

Anna Maria Fontana è stata definita in un libro dell'ex senatore Sergio De Gregorio «l'emissario che naviga fra Ayatollah e guardiani della rivoluzione come un maschio barbuto. Amica dei leader delle fazioni più integraliste è considerata dalla Cia un infiltrato del servizio segreto iraniano». La coppia collaborava con il libico latitante, che aveva il compito di recarsi in Ucraina per controllare l'efficienza delle armi. Mario era riuscito a incontrare un emissario di Abdelhakim Belhaj, ex veterano di Al Qaida che ha partecipato alla rivolta contro Gheddafi e oggi è a capo del potente Consiglio militare di Tripoli. I trafficanti di armi arrestati non avevano nulla a che fare con le bandiere nere, ma grazie ai contatti libici la coppia napoletana si è scambiata messaggi sul rapimento dei 4 italiani a Sabrata del 2015. Fausto Piano e Salvatore Failla verranno uccisi otto mesi dopo con i loro carcerieri tunisini. Subito dopo il sequestro il marito avvisa la moglie che risponde via WhatsApp: «Notizia vecchia, già sto in contatto». Lui replica: «Ce li hanno proprio quelli dove noi siamo andati già sto facendo, sto operando con molta tranquillità e molta cautela». Per i pm non si può «escludere una loro possibile attività nel complicato meccanismo di liberazione che solitamente avviene tramite il pagamento di riscatti o la mediazione con altri affari ritenuti di interesse dei miliziani».

E le armi valgono come merce di scambio.

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