Cronache

Gli italiani difendono le ferie ma non quelle scolastiche

Solo un cittadino su quattro ritiene che siano troppi i giorni di vacanza concessi ai dipendenti Il 60% è contrario alla chiusura degli istituti per tre mesi: per il 45% ne basterebbero due

Gli italiani difendono le ferie ma non quelle scolastiche

In Italia si lavora troppo poco? La produttività va davvero aumentata? E le ferie di cui i lavoratori possono godere sono troppe? Alcuni osservatori, connazionali e stranieri, lo sostengono. Il dibattito su questi temi si è riacceso, anche sull'onda della recentissima proposta del ministro Giuliano Poletti di diminuire le vacanze scolastiche, allargando l'interrogativo a tutta la popolazione.

Ma la maggior parte degli italiani ritiene che, almeno sul piano dei giorni di ferie di cui possono godere i lavoratori dipendenti (vedremo tra breve anche cosa si pensa delle vacanze scolastiche), le cose vadano bene come sono adesso. Lo afferma il 53% della popolazione. Non a caso, si riscontra una maggiore diffusione in questa risposta tra le persone in età lavorativa (dai 30 ai 60 anni) e, curiosamente, nel Nord-Est. Ancora, questa opinione appare relativamente più presente tra chi non si occupa di politica e dichiara di non sapersi/volersi collocare sul continuum sinistra-destra.

C'è però anche una quota - quasi uno su cinque, il 21% - che dice che ci vorrebbero ancora più ferie: un po' paradossalmente, lo dicono di più i disoccupati e coloro che sono in cerca di prima occupazione.

Solo un italiano su quattro (26%) sostiene che i giorni di vacanza concessi ai lavoratori sono troppi: tra costoro si riscontra una maggior quota di giovani (molti dei quali sono studenti e quindi non lavorano ancora) e di abitanti nelle grandi città.

In sintesi, per quel che riguarda le ferie, la gran parte degli italiani, specie i lavoratori, non vede grandi necessità di modificare la situazione attuale.

Solo in parte diverso è il quadro rilevabile riguardo alla produttività in generale (vale a dire, al di là delle ferie godute) dei singoli lavoratori. In questo caso, la percentuale di chi auspica un incremento di produttività è maggiore di quella rilevata sulla diminuzione delle ferie ed è pari al 41%, con un'accentuazione tra gli elettori di centrodestra e di destra.

Anche in questo caso, tuttavia, la maggior parte degli italiani (51%) ritiene che - malgrado tutte le discussioni e gli auspici fatti al riguardo - l'aumento della produttività non costituisca un elemento particolarmente importante per uscire dalla crisi.

Naturalmente, c'è una certa corrispondenza tra le risposte date sulle ferie e quelle sulla produttività. Nel senso che la maggior parte di chi auspica un aumento di produttività richiede al tempo stesso una qualche diminuzione delle ferie godute. Ma, come si è detto, la maggioranza degli italiani si colloca sulla posizione opposta.

Questo atteggiamento cambia in misura significativa se si passa dai giudizi sulle ferie godute dai lavoratori a quelli sulle vacanze di scolari e studenti. Infatti, sono assai di più, il 60%, a sostenere che le vacanze scolastiche siano troppo lunghe. Si tratta, in questo caso, della maggioranza, ma non eccessiva: quel 39% che ritiene che i tre mesi attuali vadano conservati, resta comunque una porzione molto rilevante di popolazione. È significativo il fatto che sono gli studenti e, sia pure in misura lievemente minore, gli insegnanti, in particolare a ritenere che la lunghezza delle vacanze vada bene così. Insomma, il mondo della scuola sembrerebbe quello che oppone maggiori resistenze alla proposta del ministro Poletti. Viceversa, gli occupati nel mondo del lavoro esprimono una sostanziale maggiore adesione all'accorciamento delle vacanze.

Anche se, di fronte alla domanda su quanto dovrebbero in effetti durare le vacanze, la maggioranza relativa (45%) degli italiani indica almeno due mesi (ma, ancora una volta, tra studenti e insegnanti si insiste sui tre mesi).

Insomma, l'idea prevalente è quella di accorciare le vacanze degli studenti, ma non troppo.

E, specialmente, quella di non accorciare quelle dei lavoratori e neanche di insistere troppo per un aumento di produttività.

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