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L'accoglienza costa miliardi, ma non funziona nulla

Sovraffollamento, controlli scarsi, personale non all'altezza che lo Stato paga 4,6 miliardi

L'accoglienza costa miliardi, ma non funziona nulla

La macchina dell'accoglienza italiana dovrebbe avere il primato in fatto di trattamento degli immigrati, dovrebbe essere iperspecializzata in mediazione culturale, adeguatamente preparata in percorsi di integrazione e veloce nella valutazione dei rifugiati. Dovrebbe appunto. Ma i fatti testimoniano che seppure ben oliata da fiumi di denaro la macchina dell'accoglienza si inceppa e va spesso in default. Strutture non a norma, spazi inadeguati, controlli carenti, personale impreparato, sporcizia e scarsa qualità del cibo. Incredibile ma è così: emerge dal rapporto della cooperativa sociale InMigrazione che delinea un quadro a dir poco disarmante. L'84% degli operatori intervistati dalla coop segnala nei centri di accoglienza gravi criticità: nel 10% dei casi sovraffollamento e inadeguatezza, nel 17 strutture decadenti e inadeguate, nel 33 posizioni isolate e carenza di collegamenti pubblici per raggiungere i centri abitati e servizi territoriali.

Inoltre viene evidenziata la carenza di organico rispetto agli ospiti accolti (39%) e operatori scarsamente specializzati (41%). In sostanza il report stima circa il 60% dei servizi offerti come inadeguato e problematico mentre, si supera il 70%, quando si analizzano i percorsi di integrazione successivi per il cosiddetto raggiungimento di vita autonoma dell'immigrato. Infine un operatore su tre denuncia che i controlli e le ispezioni istituzionali sull'operato dei soggetti che gestiscono l'accoglienza è carente o addirittura inesistente. Il 44% degli intervistati lamenta problemi nella fruizione dei servizi degli uffici immigrazione delle questure: «I tempi burocratici spesso lunghissimi, connessi all'iter della domanda d'asilo, che incidono sui tempi di accoglienza e quindi sui costi per le casse dello Stato, sono alla base di questa forte criticità». Si stimano tra i 4,2 e i 4,6 miliardi di euro gli impegni del 2017 mentre nel 2016 sono stati superati i 3,6 solo per la cosiddetta prima accoglienza. Se si vanno a sommare quanto i finanziamenti per i servizi di protezione ai richiedenti asilo (Sprar) sono pesati sul bilancio 2016 si valutano più di 340 mila euro per l'ospitalità di 28 mila immigrati. Quest'ann la cifra verrà di gran lunga superata contando che il numero dei progetti Sprar è quasi raddoppiato.

Ad aprile scorso il ministro dell'Interno Marco Minniti ha emanato una direttiva che riporta voce per voce gli standard minimi per i centri di accoglienza e funzionale a tutti gli operatori: dai prefetti, ai loro delegati fino ai responsabili dei centri. Il vademecum però sembra sia passato nel dimenticatoio. Non funziona il metodo delle gare d'appalto e le manifestazioni di interesse per sondare il mercato che fanno le prefetture (36%), i servizi di interpretariato (30%) altrettanto l'accesso ai corsi di prima alfabetizzazione della lingua italiana. Sarà perché negli ultimi anni, di pari passo con l'incremento dei finanziamenti erogati sono fiorite nuove realtà cooperativistiche, ong e onlus, pronte a spartirsi la gestione dei centri dell'accoglienza sul territorio, quasi a dare l'impressione di una diversa realtà imprenditorialità emergente. Ma non è stato così. Dal report elaborato viene fuori che chi lavora nel settore dei flussi migratori non è una realtà imprenditoriale.

Il social business è solo quello delle coop: sommario e improvvisato.

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