Cronache

Lady Jihad "nota" alla polizia. Ma non si poteva fermare

Al Viminale arrivò da Grosseto un rapporto su di lei e il marito. Però sono fuggiti senza problemi: "Non si parlava ancora di ritiro preventivo del passaporto"

Lady Jihad "nota" alla polizia. Ma non si poteva fermare

Scansano (Grosseto) - «La scuola era già iniziata ed una sera, probabilmente dello scorso settembre, mi hanno presentato la moglie di Aldo Kobuzi, la ragazza italiana che è finita su tutti i giornali» racconta una volontaria. Lei aiuta i bambini della famiglia albanese, che ospitava a Poggioferro, in Maremma, la coppia jihadista partita per la Siria. «Mi ricordo dei capelli castani. In casa non portava il velo - spiega la volontaria che abita nella zona di Scansano - Mi ha chiesto se fossi cristiana per poi dire: “Io ero cattolica, ma ho abbracciato l'islam perché è una religione più pulita”». Maria Giulia Sergio trasformata dalla conversione in Fatima Az Zahra sembrava tranquilla e non ha certo rivelato l'intenzione di partire per la Siria. «Il giorno dopo non ho più visto né lei, né suo marito, ma non ho idea di dove siano finti» spiega la volontaria italiana, che per la prima volta conferma la presenza di Lady Jihad in Maremma.

Suo marito, Aldo Kobuzi, è il nipote di Coku Baki, un albanese che vive ancora a Scansano. Dai documenti depositati in Comune, a disposizione delle forze dell'ordine, ha ospitato per due volte il marito di lady Jihad. La prima nel 2012 e la seconda nel 2013 nel piccolo centro di Poggioferro. Secondo la volontaria «Aldo era un ragazzo tranquillo, che mi stringeva la mano anche se sono donna. Non ha mai dato segni di estremismo islamico». In realtà, fra la comunità di albanesi della zona ricordano come il giovane non volesse lavorare nelle vigne «perché avevano a che fare con il vino» considerato haram, peccato dall'islam. Il futuro jihadista si è sposato con Maria Giulia/Fatima per poi portarla in Maremma ed imbarcarsi nel viaggio verso la guerra santa. Lady Jihad da anni si esponeva in pubblico, come convertita, a favore del velo. Nel 2009 in tv a Pomeriggio 5 e nel 2013 con tanto di servizio fotografico pubblicato dall' Espresso sul suo matrimonio musulmano nascosta come un fantasma. Impossibile che non sia finita sotto la lente dell'antiterrorismo. Ed altrettanto strano che non sia stato controllato il suo nuovo marito, il giovane albanese Aldo Kobuzi, domiciliato in Maremma. Al Viminale era stato inviato un rapporto da Grosseto, che dimostra come la coppia fosse «attenzionata». Eppure, lo scorso settembre, sono tranquillamente partiti per Roma, dove hanno acquistato un biglietto per la Turchia. Grazie alla filiera albanese della guerra santa sono entrati in Siria.

«Nessuno mi ha informato, ma chi deve monitorare questi personaggi sapeva che erano passati per Scansano - dichiara il sindaco Sabrina Cavezzini - Avranno scelto questa zona per motivi familiari e per il territorio vasto, ma scarsamente popolato. I concittadini sono preoccupati e dicono: le nostre case sono piene di stranieri e non sappiamo neppure chi sono». Sui 4300 abitanti, il 16% non è italiano. «Dopo il sangue versato a Parigi penso che bisogna adottare delle leggi che non permettano queste partenze verso i fronti di guerra» sostiene il sindaco di centro sinistra. Sulla prima jihadista italiana gli addetti ai lavori spiegano che «era impossibile fermarla. L'unico reato contestabile è il reclutamento, ma non la riguardava. Solo adesso si parla del ritiro preventivo del passaporto».

Le ombre islamiche sulla Maremma sono tutt'altro che dissolte. A Pomonte, una frazione di Scansano, aveva la residenza, fino all'ottobre dello scorso anno, l'imam di Grosseto, Sadiki Zejnulla. Un albanese macedone di 27 anni, che con il Giornale ha giurato fin dall'inizio di non saper nulla di Lady Jihad e del marito. Nonostante altri albanesi della comunità, di appena 155 anime, fossero al corrente che la coppia era partita per la Siria. Nel dicembre 2013 l'imam aveva invitato a Grosseto Shefqet Krasniqi, il predicatore della grande Moschea di Pristina arrestato una prima volta in Kosovo il 4 settembre per i suoi sermoni ed il sospetto di reclutamento jihadista per la Siria. Lo stesso giorno l'imam di Grosseto postava sulla pagina Facebook del suo centro El Hilal la foto di Krasniqi con una frase in albanese:

«Noi siamo con te».

Con l'aumento della pressione mediatica l'ha cancellata e non vuole più parlare con i giornalisti, pur avendo sempre seguito canali video in rete ricettacolo di wahabiti e salafiti, l'ala dura dell'islam.

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