Politica

Il premier e la tattica del "vediamo che effetto fa"

Renzi ha potuto testare l'effetto sulla minoranza dem. Che, a dire il vero, questa volta non pare aver abboccato

Il premier e la tattica del "vediamo che effetto fa"

La si potrebbe chiamare, molto banalmente, la tattica del vediamo l'effetto che fa. Una strategia curata nel dettaglio e grazie alla quale Matteo Renzi sonda alleati e avversari su temi particolarmente sensibili o in vista di appuntamenti politici o parlamentari piuttosto impegnativi. Il principio è sempre lo stesso, seppure declinato diversamente a seconda dell'occasione.

Così, se per caso c'è in ballo il Def e sono tutti in fibrillazione in attesa del documento di via XX Settembre, ecco per giorni le indiscrezioni che arrivano da Palazzo Chigi raccontare di tagli in arrivo. Un clima di suspense perfetto per un Renzi che era invece pronto ad annunciare un tesoretto molto in linea con la campagna elettorale ormai alle porte.

Matteo, insomma, è uno che con la comunicazione ci sa fare. E che veicola quello che più gli fa comodo per sondare il terreno. Così, se la fronda dem minaccia fuoco e fiamme sulla legge elettorale cosa fa il premier? Semplice, dice in giro che è pronto a salire al Quirinale a dimettersi se davvero l' Italicum dovesse essere ritoccato a Montecitorio e ritornare quindi al Senato per un'altra lettura. Poco importa che sarebbe piuttosto curioso presentarsi davanti a Sergio Mattarella solo perché il Parlamento decide di modificare e rinviare a un'altra Camera una riforma così delicata come quella del sistema di voto. Il punto è veicolare il messaggio e far diventare il tema argomento del dibattito politico.

Qualcosa di simile è successo ieri, con Repubblica che ha dedicato a Renzi un dettagliato retroscena-colloquio in cui il premier si dice pronto a «tornare al Senato elettivo» se l' Italicum fosse passato alla Camera senza problemi. Apriti cielo. La minoranza dem è subito saltata sulla sedia chiedendo al premier di «scoprire le carte» e accusandolo di voler barattare le riforme istituzionali con la legge elettorale. Così, il leader del Pd s'è trovato costretto a correggere la rotta. Non con una smentita, perché è evidente che il colloquio c'è stato, ma con una velina di Palazzo Chigi per puntualizzare genericamente che «non c'è alcuno scambio» in ballo.

Detto questo, il tema è ovviamente restato al centro del dibattito e ancora una volta Renzi ha potuto testare l'effetto sulla minoranza dem.

Che, a dire il vero, questa volta non pare aver abboccato.

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