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La Lega apre soltanto a parole: "I ministri non sono calciatori"

Salvini nicchia sul passo di lato dell'economista: "Di Maio ha cambiato idea? Ne parleremo, la porta non è chiusa"

La Lega apre soltanto a parole: "I ministri non sono calciatori"

È il giorno della centralità salviniana, ventiquattr'ore in cui alleati vecchi e nuovi sono costretti a inseguire il leader della Lega, a scendere sul suo terreno, a tentare di convincerlo. Una condizione di forza dettata dalla possibilità di giocarsi una carta che pochi sono in grado di sostenere: l'immediato ritorno alle urne.
«Sono una persona paziente, ma la mia pazienza è quasi finita». Alla fine il messaggio veicolato all'esterno in questo frenetico supplemento di una trattativa apparentemente già conclusa (e fallita) è semplice: la Lega sembra disposta a fare di tutto per tornare a votare. Il M5s a fare di tutto per non tornare alle urne. Con il risultato che il Carroccio acquista di giorno in giorno una supremazia politica rispetto a un alleato che pure può contare su 15 punti percentuali in più conquistati alle Politiche (distanza che secondo gli ultimi sondaggi si sarebbe quasi azzerata).
Matteo Salvini sembra giocare al gatto con il topo. Di fronte agli inviti e alla proposta di Luigi Di Maio di far ripartire un governo politico con lo spostamento di Paolo Savona in un altro ministero fa sapere di essere disposto ad accettare soltanto a condizione che si riproponga esattamente la stessa squadra. «Se do la parola a una persona difficilmente la cambio: i ministri nel governo non sono come i calciatori nel calciomercato, se uno gioca come portiere deve fare il portiere, se gioca come attaccante deve fare l'attaccante. Mi domando perché non può fare il ministro uno che non sta simpatico ai tedeschi. Dobbiamo avere il permesso della Merkel? Un governo col guinzaglio no», dice il leader leghista parlando in un comizio a Imperia.
Poi la cauta apertura: «Per carità, ci ragioniamo. La porta non è mai chiusa, spero che il governo parta e parta il prima possibile e parta seriamente e riporti un po' di lavoro, di sicurezza e di serenità per l'Italia che è un Paese che non ha niente da invidiare a nessuno. Quando abbiamo proposto il professor Savona è stato perché era il migliore per fare il ministro dell'Economia. Se Di Maio ha cambiato posizione ne parlerò con lui».
Salvini nel corso della giornata aveva perorato la causa del voto a ottobre, con una «non sfiducia tecnica» a Carlo Cottarelli, da realizzare attraverso un gioco di astensioni o uscita dall'Aula, evitando lo spettro delle urne a fine luglio o inizio agosto. Salvini mantiene il filo del dialogo anche con il centrodestra. In una telefonata con Silvio Berlusconi il leader leghista rassicura che il suo orizzonte strategico resta il centrodestra, anche perché i sondaggi sembrano indicare - in caso di ritorno al voto - la possibilità per la coalizione Lega-Forza Italia-Fratelli d'Italia di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Quindi nessuna alleanza elettorale con i grillini, sia che si voti subito, sia che si voti più avanti.
Il numero uno del Carroccio non concede aperture rispetto alla possibilità di candidarsi personalmente e di guidare un «governo Salvini», replicando che «non ci sono le condizioni». Nelle sue dichiarazioni pubbliche, però, rilancia il possibile ingresso nella maggioranza di governo di Fratelli d'Italia e di Giorgia Meloni (c'è chi dice per mettere in difficoltà Di Maio). «O il governo parte col contratto firmato e approvato dagli italiani nelle piazze, e con la squadra al completo, magari con l'aggiunta di Giorgia Meloni, oppure avrà vinto chi dice sempre no», rilancia nel pomeriggio. Una frase che fa scattare l'ipotesi di una riapertura a un governo centrodestra-Cinquestelle, magari con l'astensione di Forza Italia. Riapertura che però con il passare delle ore non sembra prendere forma.

Almeno fino alla prossima puntata di questa infinita fiction chiamata crisi.

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