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Lega tra linea dura e primi malumori

Il partito di Salvini: "Cambiare metodo sui candidati". E rilancia il terzo mandato per Zaia

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L'ordine di scuderia in casa Lega è non ingaggiare polemiche sul candidato «imposto da Fdi» in Sardegna, anche se è quella la causa principale della sconfitta secondo i leghisti, che invece respingono le accuse sul voto disgiunto («Non esiste questa cosa, la Lega è un partito leale» assicura il coordinatore sardo Michele Pais). «Quando cambi un candidato in corsa è più complicato. Ma non sarò mai quello che quando le cose vanno bene è merito mio e quando le cose vanno male è colpa degli altri» dice Salvini in tour elettorale in Abruzzo. La «riflessione» che il leader leghista chiede su Cagliari, dove ha stravinto il centrosinistra (e dove la Lega punta a candidare uno dei suoi alle comunali di giugno), riguarda il metodo usato anche in altre città dove il centrodestra ha recentemente perso, come Terni, dove la Lega ha dovuto rinunciare al suo sindaco uscente per far posto al candidato di Fdi (poi sconfitto). Ed è la premessa per mettere in discussione il «metodo Meloni» nella scelta dei prossimi candidati, di cui è discusso ieri in un tavolo dei responsabili degli enti locali convocato alla Camera per vagliare le candidature alle prossime amministrative e regionali. Nelle città e nelle regioni al voto «occorre fare una valutazione su chi possa vincere» dice Andrea Crippa, numero due leghista, visto che «il popolo sardo non ha capito il criterio dei rapporti di forza», secondo cui il partito con più voti nella coalizione deve avere più candidati. La partita per i leghisti è ancora aperta in Basilicata, dove invece Fi resta ferma su Bardi. Occorre «scegliere le persone, misurarle, valutare il loro operato», dicono dalla Lega. Vale anche in Umbria, dove la leghista Donatella Tesei «ha governato bene. Non accetteremo che a Perugia succeda quanto successo a Cagliari o a Terni».

Ragionamento che porta dritto all'altra questione rilanciata dai leghisti dopo la sconfitta sarda: il terzo mandato di Zaia in Veneto, dove si vota l'anno prossimo. «Se hai governatori uscenti come Zaia che è stato riconfermato dall'80% bisogna cercare di tenerli, non cercare di metterli da parte» dice il sottosegretario leghista Massimo Bitonci. Sul terzo mandato il dibattito «è aperto» assicura il diretto interessato. «Da quel che ho capito la norma sarà ripresentata in Parlamento. Il dibattito è aperto, non solo nella Lega ma anche nelle altre forze politiche, quindi vedremo» dice Zaia. Da Fdi però sembra rimanere il muro. La Meloni è convinta che il via libera al terzo mandato sarebbe un regalo al «campo largo» Pd-M5s, che potrebbe ricandidare Bonaccini in Emilia Romagna e De Luca in Campania. Zaia si è sentito al telefono con Salvini dopo la frase sulla «Lega nord» che gli «piaceva di più» («Solo una battuta, non ci farete litigare») che ha scatenato la fronda veneta che vorrebbe un cambio alla segreteria federale e punta su Massimiliano Fedriga. La sconfitta in Sardegna ha alimentato lo scontento di una parte della Lega, anche se dal quartier generale si fa notare che i voti leghisti sommati a quelli del Partito sardo d'azione sono aumentati rispetto alle Politiche dove correvano insieme (e infatti si lavora ad un gruppo unico in Regione). Anche la probabile candidatura di Vannacci alle Europee fa storcere il naso ai leghisti vecchia maniera. «Non capisco cosa possa centrare con la nostra storia. Nella Lega serve un cambio di rotta» dice l'assessore veneto Roberto Marcato. Tensioni che riemergono regolarmente quando le elezioni vanno male, ma si sgonfiano quando Salvini vince.

Cosa che il leader punta a fare in Abruzzo, tra meno di due settimane.

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