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L'eredità avvelenata dell'asse Pd-M5S. Ora all'Ilva non resta che il commissario

Un pasticcio senza fine, in cui l'unica cosa chiara sono i responsabili del disastro: il Pd e il M5s

L'eredità avvelenata dell'asse Pd-M5S. Ora all'Ilva non resta che il commissario

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L'eredità avvelenata dell'asse Pd-M5S. Ora all'Ilva non resta che il commissario

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Un pasticcio senza fine, in cui l'unica cosa chiara sono i responsabili del disastro: il Pd e il M5s. Dopo la rottura dell'accordo tra il governo e Arcelor Mittal, l'ex Ilva va verso l'amministrazione straordinaria. Lo conferma nel tardo pomeriggio il sottosegretario al ministero delle Imprese e del Made in Italy, Massimo Bitonci. «Penso che si vada verso un'amministrazione straordinaria richiesta dal socio pubblico in maniera autonoma», spiega Bitonci a Sky Tg24 dopo il no al governo del big indiano della siderurgia alla ricapitalizzazione dell'ex-Ilva. Come anticipato da il Giornale, dovrebbe essere quindi nominato un commissario. Cosa già accaduta dopo il sequestro degli impianti alla famiglia Riva in seguito all'inchiesta per disastro ambientale. «Dovrà deve essere avviato un percorso e sarà importante il cambio dell'asset manageriale e il piano industriale con cui avviare la decarbonizzazione», continua il sottosegretario del Mimit.

Che parla di un «passaggio estremamente difficile», anche alla luce del contenzioso legale che si aprirà con Arcelor Mittal, dopo il rifiuto del gruppo indiano di sottoscrivere l'aumento di capitale da 320 milioni con cui l'esecutivo voleva portare lo Stato al 66% dell'ex Ilva tramite Invitalia. Anche se in serata, fonti vicine ad Arcelor, precisano che la multinazionale è favorevole alla ricapitalizzazione e a scendere in minoranza, ma mantenendo il controllo della governance condiviso al 50%. Ed è anche favorevole all'acquisizione degli impianti da Ilva in amministrazione straordinaria che era in origine prevista per maggio 2022 ed è in seguito posticipata a maggio 2024. Eppure, probabilmente, l'ex Ilva ricomincerà da zero. Con l'esecutivo che non vuole mollare sul dossier di Taranto.

«Il governo è in campo per salvare e rilanciare la siderurgia italiana, anche e soprattutto quella rappresentata dall'ex Ilva di Taranto», spiega il titolare del Mimit Adolfo Urso. «Riprenderemo in mano la situazione dopo i disastri che sono stati realizzati dai governi precedenti, per fare di quel sito il più grande sito siderurgico green d'Europa», continua Urso. Infatti, nonostante le polemiche delle opposizioni, i responsabili del fallimento vanno cercati proprio tra le fila dei progressisti. Lo ammette perfino Carlo Calenda, leader di Azione, ex ministro dello Sviluppo Economico. «Il governo Meloni non ha alcuna responsabilità sulla crisi di Ilva. La crisi di Ilva nasce quando è stato fatto saltare un accordo blindato, siglato a seguito di una gara europea, prima confermato e poi disfatto da Giuseppe Conte (in foto) e compagni per compiacere la Lezzi dopo il pessimo risultato delle europee», scrive Calenda su X.

L'ex ministro si riferisce allo stop del governo Conte II allo «scudo penale», che faceva parte del contratto di vendita ad Arcelor Mittal, messo già in dubbio dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio durante il governo gialloverde. Lo «scudo» era indispensabile, perché tutelava l'azienda da eventuali accuse di reato nel percorso di messa a norma dell'impianto. Ma il grillino Stefano Patuanelli, al Mise nel Conte II, risponde ad Azione e butta la palla in tribuna: «Ai colleghi suggerisco di fare una telefonata all'Avvocatura dello Stato». L'Avvocatura che sarebbe «colpevole» di aver «consegnato lo stabilimento ad Arcelor Mittal» in combutta con «la coppia Renzi-Calenda». Un diversivo, per coprire l'atteggiamento nevrotico del M5s sull'ex Ilva. Compreso il fallimento degli accordi sottoscritti da Di Maio nel 2018, quando era al Mise e al Lavoro nel Conte I. Ma il Pd si accoda al M5s e se la prende con il governo.

Il prossimo passaggio è l'incontro tra il governo e i sindacati, convocato per domani alle ore 19.

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