Cronache

"Ma l'esame va ancora perfezionato su falsi positivi e malattia già in atto"

L'oncologo: «Serve cautela, non creiamo false aspettative»

"Ma l'esame va ancora perfezionato su falsi positivi e malattia già in atto"

«Gli scienziati americani hanno scoperto l'uovo di Colombo e per questo meritano grande sostegno dalla comunità scientifica internazionale, ma si deve procedere con grande cautela». Il professor Alberto Bardelli, ordinario di Oncologia all'università di Torino ci spiega luci e ombre della rivoluzionaria tecnica denominata biopsia liquida.

Professore partiamo dalla novità di questa scoperta.

«Finora si utilizzava il test sulle proteine che non è specifico e quello sul Dna molto più sensibile che però individua una situazione tumorale nell'organismo ma non identifica l'organo. I ricercatori hanno messo insieme le cose e fatto centro. Con questa scoperta uno più uno non fa due, ma 10».

Quindi hanno scoperto l'uovo di Colombo?

«Esatto, perché hanno usato delle proteine legate al tessuto di origine ma invece di guardare il sangue a compartimenti stagni hanno utilizzato le diverse informazioni».

Perché il test è importante?

«Negli stadi iniziali del tumore, quando non c'è alcun sintomo, siamo in difficoltà. C'è lo screening per la diagnosi precoce: mammografia per il cancro al seno, test per la ricerca del sangue occulto nelle feci per il cancro al colon, Pap o Hpv-Dna test per quello dell'utero: ma molti sono invasivi. Ora è confortante sapere che con un prelievo del sangue si può stanare un tumore alla fase iniziale quando un chirurgo può ancora curare e far guarire un paziente».

Ora ci parli delle ombre.

«È stato fatto su un piccolo campione di pazienti, circa mille e ha individuato il 70% delle neoplasie. Nelle persone sane si è rivelato efficace solo nel 40% dei casi. C'è da lavorare per evitare gravi disguidi».

Quali per esempio?

«Può succedere che il test non individui un tumore già in atto. Quindi il medico non può garantire la situazione clinica corretta».

Come si può perfezionare?

«Bisogna riprodurlo su almeno 10mila pazienti e verificare dai risultati l'attendibilità su vasta scala. E ci sono aspetti che riguardano i falsi positivi da non trascurare».

Cioè il test potrebbe rivelare un tumore anche quando non c'è?

«È possibile che ciò avvenga quando nell'organismo esiste uno stato infiammatorio, per esempio, al fegato. O se siamo in presenza di una malattia autoimmune o in un caso di epatite. In queste situazioni il test potrebbe dare una falsa positività che potrebbe creare uno stress profondo ai pazienti».

E cosa suggerisce?

«È necessario raggiungere una specificità nella diagnosi. Oggi sono a Londra e abbiamo parlato molto del test.

Anche i miei colleghi inglesi invitano a un'estrema cautela per evitare di creare aspettative illusorie».

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