Politica

L'eterno cantiere delle intercettazioni che fanno solo gossip

L'eterno cantiere delle intercettazioni che fanno solo gossip

È tutto un susseguirsi e ammonticchiarsi di proposte, pareri, testimonianze sui guasti provocati dalle pubblicazioni selvagge. E poi disillusioni, scoop come quello del Fatto quotidiano in bilico fra vita pubblica e privata, reazioni sdegnate. La ruota gira, col suo ritmo infernale, da più di vent'anni e chissà quante volte abbiamo sentito la fatidica frase: «Ci vuole una regolamentazione». Infatti il cantiere legislativo è perennemente aperto e sempre in funzione: come per la legge elettorale, anzi anche peggio. Peccato che non si venga mai a capo di nulla. Era il 1996, l'anno di Mani pulite due, quando furono divulgati i dialoghi fra Alessandra Necci, che si vantava di essere sexy, e il banchiere Chicchi Pacini Battaglia. L'avvocato Enzo Fragalà, un garantista vero poi barbaramente ucciso, chiese d'urgenza norme più stringenti per fermare il far west. Sono passati ventuno anni e siamo ancora inchiodati al punto di partenza.

Anzi, forse peggio perché oggi Napoli si produce in una vera e propria acrobazia, almeno a quanto si è capito dalla lettura dei giornali: ascolta le conversazioni di Tiziano Renzi, il padre dell'ex premier Matteo, in un'inchiesta che ormai è condotta da Roma e in cui Napoli non dovrebbe più mettere mano, e per un reato, il traffico di influenze, per cui non si possono piazzare le cimici. C'è da rimanere interdetti. Non solo: in tempo quasi reale, con una velocità sorprendente e un tempismo sospetto, il testo viene arpionato dal bravissimo Marco Lillo che lo mette due volte in pagina: sul Fatto quotidiano e in un libro. Anche se, dettaglio non proprio superfluo, quell'intercettazione è stata giudicata penalmente irrilevante dai pm di Roma, i soli titolari di quell'indagine. Insomma, dopo quasi un quarto di secolo di dibattito, sembra che tutte le regole e le garanzie siano saltate. Lo stillicidio va avanti inesorabile, travolge tutto e tutti. C'è un catalogo sterminato di situazioni che abbiamo conosciuto dal buco della serratura delle bobine, dei nastri, delle frasi mozzate, omissate o poco chiare, talvolta illeggibili ma pur sempre lette e rilette da milioni di persone alle prese con un nuovo genere di intrattenimento popolare. Ecco Vittorio Emanuele che con fare principesco definisce i sardi «capre che puzzano», ecco il mare magnum di Calciopoli con le avance di Alessandro Moggi, figlio di Luciano, a Ilaria D'Amico, ecco lo scandalo di Tempa Rossa con il ministro Federica Guidi che perde le staffe e urla al fidanzato Gianluca Gemelli: «Mi tratti come una sguattera del Guatemala».

Diciamo la verità: le frasi captate al telefono rappresentano un'eccitante scorciatoia che apparentemente porta il lettore nelle stanze del potere. A contatto con la verità e con segreti inconfessabili. Basta un clic e tutta questa giostra diventa di dominio pubblico, senza aspettare processi lontanissimi. In realtà non è cosi, come dimostrano le assoluzioni, anzi i proscioglimenti ancora in fase di indagine del fidanzato della Guidi - lei però ha rotto l'unione, si è dimessa e ha lasciato la politica - e di Vittorio Emanuele che a sua volta ha visto precipitare nel fango l'autorevolezza di secoli di storia. È un copione che si ripete ogni volta. E ogni volta un pezzettino del Paese finisce alla gogna.

Fra le promesse da marinaio di deputati e senatori.

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