Cronache

L'eurosicurezza fa flop: Amri indisturbato ha girato mezza Europa

Dalla Germania si è spostato in Olanda e poi in Francia e a Milano. Arrestato un complice

L'eurosicurezza fa flop: Amri indisturbato ha girato mezza Europa

Milano - È il fallimento del sistema di sicurezza europeo, del coordinamento tra intelligence e apparati di polizia del Vecchio Continente sbandierato in vertici e comunicati ma in realtà mai davvero partito. A sei giorni dalla morte a Sesto San Giovanni di Anis Amri, il terrorista della strage di Berlino, una delle poche cose chiare è che l'estremista tunisino ha potuto muoversi per mesi indisturbato, nonostante i suoi legami con gli ambienti della jihad fossero conclamati. E ora Italia e Germania si rinfacciano la responsabilità della mancanza di comunicazione.

«Il 10 maggio scorso - fa sapere la tv tedesca Wdr citando fonti dei servizi di sicurezza - la polizia criminale della Westfalia individuò Amri come soggetto pericoloso e lo comunicò all'Italia». Niente affatto, replicano a stretto giro di agenzia dal Viminale: è stata l'Italia già nel giugno 2015 a inserire nella banca dati Schengen, a disposizione di tutti i paesi del blocco «storico» dell'Unione europea, il nominativo di Amri come soggetto pericoloso, e la stessa segnalazione venne ribadita direttamente ai tedeschi nel febbraio di quest'anno quando il tunisino presentò domanda di soggiorno in Germania. Insomma, un caos di cui l'ex profugo divenuto «emiro» della brigata terrorista Abu Al Walaa ha approfittato per muoversi liberamente nei mesi prima della strage.

Ora su quei mesi si scava, ripercorrendo a ritroso le mosse dell'estremista, sia in Italia che in Germania. In Italia scattano una serie di perquisizioni, nel mirino ci sono una serie di correligionari con cui Amri ha condiviso il carcere durante i suoi quattro anni di detenzione in Sicilia, quando si è compiuta la sua trasformazione in militante jihadista. Vengono torchiati estremisti - tra cui uno in provincia di Latina - che potrebbero avere notizie sulla rete di appoggi di cui Amri godeva in Italia, e che puntava ad usare durante la latitanza. Contemporaneamente si muove anche la polizia tedesca, che ha in mano il cellulare di Amri, e arresta un tunisino il cui numero compariva nella rubrica ed è stato contattato dal terrorista nelle ore precedenti la strage.

In realtà, secondo quanto riferiscono i media tedeschi, fino a pochi minuti prima di lanciarsi con il Tir sul mercato natalizio di Breitscheidplatz, Amri telefonò e inviò messaggi in continuazione. Ed è un dettaglio singolare, perché abbandonando poi il telefono vicino al luogo della strage lasciò in mano alla polizia elementi preziosi: un comportamento che contrasta con la cautela e con la efficacia con cui invece si mosse dopo il massacro. Al punto che ancora oggi non si sa come abbia compiuto la prima parte della fuga, da Berlino all'Olanda; e non è nemmeno chiaro se abbia raggiunto Lione partendo da Amsterdam o piuttosto da Nijmegen, come sostiene la France Press. Nella cittadina olandese, a ridosso del confine tedesco, l'uomo sarebbe salito sul pullman Flixbus che lo ha portato a Lione, probabilmente cambiando a Lilla: un viaggio di ottocento chilometri, senza telefono né passaporto, ma con in tasca la Erma Werke calibro 22.

«Sono sicura che non lo ha fatto di sua volontà: era giovane, qualcuno lo ha spinto a compiere questa strage», dice la madre del terrorista, intervistata da Rainews; e il fratello dice «lo hanno indottrinato». Ma i tasselli che vengono a galla raccontano invece di un capo addestrato e lucido, in grado di colpire e poi di attraversare mezza Europa indisturbato.

E avrebbe continuato chissà quanto, se la notte dell'Antivigilia non avesse incrociato la Volante «Alfa Sesto».

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