Cronache

L'hamburger più famoso? Adesso appartiene a tutti

McDonald's sconfitta dalla piccola catena Supermac's. Chiunque potrà vendere panini con il nome "Big Mac"

L'hamburger più famoso? Adesso appartiene a tutti

A ciascuno il proprio Big Mac. Letteralmente. Dal bar sotto casa all'hamburgeria gourmet, fino al chiosco di strada: il panino più famoso di McDonald's non è più di McDonald's. O, meglio, il panino in sé lo è, ma non il nome: il gigante americano non possiede più l'uso esclusivo del marchio «Big Mac» nei Paesi dell'Unione europea. L'ha stabilito con una decisione datata 11 gennaio l'Ufficio Ue per la proprietà intellettuale, l'Euipo. «Big Mac» e «Mc» non sarebbero stati usati dall'azienda «in modo reale» per nessuno dei beni e servizi per cui sono stati registrati. La sentenza dell'ente con sede ad Alicante, in Spagna, ha effetto immediato: da oggi qualunque attività può usare quei nomi per i propri prodotti.

A cantare vittoria è la piccola catena irlandese Supermac's. Il fondatore, Pat McDonagh, giura che il nome inventato nel 1978 non voleva essere una copiatura di quello del concorrente più famoso: era il suo soprannome quando giocava a football. Quattro anni fa alla sua porta si sono presentati proprio i rappresentanti di McDonald's, consegnandogli un plico di 41 pagine in cui diffidavano Supermac's dall'espandersi nel Regno Unito e nel resto d'Europa - come era nei suoi piani - con quel nome, perché troppo simile a quello della catena made in Usa. Il che avrebbe comportato un «ingiusto vantaggio», dato dal «carattere distintivo» e dalla «reputazione» del marchio, e avrebbe confuso i consumatori, abituati a collegare tutto ciò che è «Mc» con McDonald's: non solo lo storico panino dal doppio hamburger, con cui due giorni fa il presidente statunitense Donald Trump ha imbandito la tavola della Casa Bianca in mancanza di cuochi per colpa dello shutdown, ma anche le celebri crocchette di pollo, le Chicken McNuggets, entrambi marchi depositati anni addietro.

Ma l'ex giocatore di football non si è perso d'animo. Supermac's ha chiesto all'Euipo di revocare i marchi depositati da McDonald's, accusando il rivale di fare del «bullismo» e di registrare brand al solo scopo di metterli nel cassetto «nell'attesa di utilizzarli contro possibili concorrenti». In cause simili la multinazionale, particolarmente litigiosa quando si tratta di copyright, ha sempre vinto. Nel '93, contro una clinica dentistica di New York che aveva avuto la malaugurata idea di chiamarsi «McDental». O ancora due anni fa nel contenzioso contro tale «MacCoffee» a Singapore. Questa volta, a sorpresa, i tecnici comunitari hanno azzoppato la grande «M», che «non ha dimostrato di aver fatto uso reale dei marchi» negli anni precedenti il contenzioso. A niente sono servite le copie dei siti web, delle pubblicità e delle confezioni dei panini con le diciture «Mc» e «Big Mac» forniti dall'azienda. McDonald's potrà fare ricorso. Ma per ora non c'è niente da fare: il Big Mac è di tutti. Un'icona globale, d'altronde, lo era già. Simbolo del capitalismo americano, citato nei film di Tarantino (Pulp Fiction), la rivista The Economist lo utilizza per confrontare il costo della vita nei diversi Paesi del mondo.

Il proprietario di Supermac's l'ha definita una vittoria per tutte le piccole imprese del mondo. Nemmeno lui ci credeva all'esito positivo della causa. Ma alla metafora di Davide contro Golia preferisce la versione moderna: «Questa decisione storica e unica è come la squadra di rugby di Connacht (provincia irlandese, ndr) che vince contro gli All Blacks». Ora la sua catena può uscire dai confini irlandesi ed espandersi in tutto il continente.

Magari inserendo un Big Mac nel menù.

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