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Libia, l'inutile viaggio di Di Maio per difendere la pace impossibile

Turchi e russi pronti a mobilitarsi. E noi mandiamo «Luigino» a sponsorizzare l'asse con Parigi e Berlino

Libia, l'inutile viaggio di Di Maio per difendere la pace impossibile

I turchi sono pronti ad inviare 5mila soldati in Libia al fianco del governo di Tripoli, i russi avrebbero fornito nuovi elicotteri d'attacco alle truppe del generale Khalifa Haftar, che assedia la capitale e ha lanciato l'ennesima «ora zero» per la conquista della città. E noi mandiamo, in ritardo, a difendere la conferenza di pace di Berlino, che sembra nata già morta, «Giggino», il ministro degli Esteri Luigi Di Maio oggi atteso a Tripoli. E subito dopo dovrebbe volare anche a Bengasi per incontrare il generale Haftar. Nel frattempo i soldati italiani che proteggono l'ospedale militare all'aeroporto di Misurata sono stati sfiorati la scorsa settimana dall'ennesimo raid aereo dell'esercito nazionale libico di Haftar che ha bombardato lo scalo. Dall'inizio dei combattimenti è capitato almeno una dozzina di volte.

Anche le parole di ieri sulla Libia del capo dello Stato, Sergio Mattarella, fanno venire il latte alla ginocchia. Davanti al corpo diplomatico per gli auguri natalizi il presidente ha dichiarato: «Solidarietà politica e comune visione in vicende come quelle che coinvolgono da troppo tempo la Libia sono indispensabili e sarebbero sommamente giovevoli». Il riferimento era alla Nato, ma Giggino arriva a Tripoli come apripista della nuova intesa europea fra Parigi, fino adesso furbetta, Roma e Berlino per cercare di fare decollare la conferenza di pace che i tedeschi vogliono ospitare in gennaio. «Un tentativo che va fatto», spiega una fonte del Giornale in prima linea. «Per ora i libici hanno detto di no ai 5mila soldati turchi e caccia bombardieri offerti da Erdogan, ma fra un mese se saranno con le spalle al muro potrebbero cambiare idea», spiega la fonte.

Di Maio incontrerà il premier del governo riconosciuto dall'Onu, Fayez al Sarraj, il suo vice Ahmed Maitig e il ministro dell'Interno Fathi Bashagha, fautore dell'asse con Ankara, dopo aver capito che l'Italia avrebbe fatto ben poco militarmente. Il ministro degli Esteri italiano dovrebbe anche recarsi dall'altra parte della barricata per vedere Haftar. Una missione quasi impossibile che punta a fare sedere al tavolo di Berlino i contendenti dopo otto mesi di guerra per il controllo della capitale. Al momento sembrano indaffarati a combattere nonostante da ambo le parti le milizie siano allo stremo fisico e psicologico. Misurata, la Sparta libica, ha lanciato ieri l'appello alla mobilitazione generale per difendere Tripoli. Su twitter la propaganda di Haftar rilancia le foto di elicotteri d'attacco russi Mi 35 che sarebbero appena arrivati a Bengasi, ma non ci sono conferme ufficiali. Gli scontri sono più intensi sulla Khalatat Street, la strada che dall'aeroporto internazionale di Tripoli, chiuso da tempo, porta al centro città.

Il rischio è che in mancanza di un piano forte, la diplomazia non basterà per fermare le pesanti ingerenze straniere e l'escalation del conflitto.

La Libia, sempre più simile alla Siria o alla Somalia, rischia di scoppiarci in faccia.

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