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L'Italia in mano a Zingaretti "er Saponetta" che non decide

Dal segretario del Pd dipendono le sorti della crisi Per restare presidente del Lazio è già sceso a patti coi 5s

L'Italia in mano a Zingaretti "er Saponetta" che non decide

È l'uomo che dice di non ambire a nulla e che si ritrova a decidere tutto. Gli è scivolata tra le mani la crisi che non avrebbe mai voluto gestire così come il partito che non avrebbe mai voluto guidare e anche alle elezioni «potrei non essere io il candidato del centrosinistra». E infatti, Nicola Zingaretti è chiamato «Er saponetta» per la sua capacità di sottrarsi alle responsabilità («Ma il sapone può anche ripulire» ha dichiarato), ma lo chiamano pure «Er Tentenna», che è il difetto di chi non sa decidere, ma che può rivelarsi un'astuzia quando bisogna negoziare.

Zingaretti suda quando c'è da ringraziare la platea che lo ha eletto segretario del Pd («E' vero, ma mancava l'aria condizionata») e a volte inciampa con le parole, quanto basta a Beppe Grillo per insolentirlo (ancora un altro soprannome) con l'epiteto di «Er Zeppola». Imprigionato dal successo del commissario Montalbano che però è il fratello Luca e non Nicola, lo Zingaretti che questa volta ha nelle sue mani, e può risolverlo, il giallo di ferragosto non è l'attore, ma il politico, il fratello minore chiamato ogni sera da quello maggiore (Luca) perché «si preoccupa per me. Mi manda messaggini. Mi riempie il cuore». Anche la madre, ex impiegata dell'Inail e che si è salvata per caso alla deportazione dei nazifascisti, in passato si è impensierita per Nicola che a scuola non ha mai brillato, ma sempre attraversato come gli studenti normali perché «è la normalità che aiuta a restare umani. Io cucino, prendo l'autobus».

Zingaretti è normale anche negli studi che non sono classici anche se il liceo (il Socrate di Roma) lo ha frequentato, ma solo per due mesi. Alla fine ha conseguito un diploma da odontotecnico che l'ex deputato del Pd, giocatore di poker e cattolico, Mario Adinolfi ha ritenuto infedele («Zingaretti ha la terza media e se ne vergogna un po'»). Si può vantare sicuramente del padre, direttore di banca che, raccontò a Vanity Fair, «non ha mai fatto un'assenza in quarant'anni di lavoro». In 53 anni, Zingaretti ha iniziato con il mito della sinistra sudamericana per risalire ultimamente a Nord fino a Greta Thunberg a cui ha dedicato la vittoria alle primarie perché «lotta per la salvezza del pianeta». Cresciuto nella bottega di Goffredo Bettini, che a Roma è considerato un impasto fra Machiavelli e Trilussa, Zingaretti è stato l'ultimo segretario della Fgci (comunista sin da ragazzo tanto da guidare un maggiolino rosso), ma oggi ascolta soltanto Paolo Gentiloni che quando occorre risponde al posto suo «se Nicola permette». Zingaretti lo permette perché il suo talento è riconoscere gli altri talenti e in alcuni casi mettersi dietro. Nelle istituzioni ha preferito gli incarichi laterali. Eurodeputato, presidente della provincia di Roma e poi governatore, ma dopo gli scandali (Marrazzo), la sconfitta di Rutelli e gli scontrini di Marino. Pochi mesi fa ha ricevuto una mozione di sfiducia dal M5s con cui, paradosso vuole, è costretto già a scendere a patti in Regione. Il suo nome è anche finito nei fascicoli di Mafia Capitale (erano proprio gli attivisti M5s a rilanciare e inquinare i social parlandone di lui come un complice) ed è stato indagato per turbativa d'asta, corruzione, ma sempre archiviato e quindi basta così. A dieta per mantenersi (mangia verdure cotte), ma la colazione ogni mattina da Settembrini (il bar del blasone romano), le vacanze a Capalbio (utopia estiva della sinistra impegnata) e le camicie azzurre anziché bianche proprio perché fanno molto impiegato.

È lui la vera sorpresa di queste ore: l'uomo ordinario che l'eccezione ha reso decisivo.

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