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Lite Bossi-Salvini: la Lega è in miseria ed è colpa loro

Il Senatùr reclama denaro che il segretario non ha. È l'effetto dell'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti che la LEga ha voluto a ogni costo

Lite Bossi-Salvini:  la Lega è in miseria ed è colpa loro

Tirare sulla Lega è come sparare sulla Croce Rossa. La metafora è vecchia e logora ma in questo caso, rende l'idea. Dire che il fondatore, Umberto Bossi, è in lite (giudiziaria) con il segretario, Matteo Salvini, significa continuare nell'opera di demolizione di un partito che, per quanto massacrato dagli avversari e dalla magistratura, è ancora vivo e infastidisce i signori della politica alta. Basti pensare che, nonostante gli attacchi subiti per questioni meschine (furtarelli, porcheriole), il Carroccio - dato per spacciato - ha raccolto alle ultime elezioni europee una quantità di voti di un'inezia inferiore rispetto ai tempi d'oro. Ecco perché i colossi romani hanno ricominciato a colpirlo, spulciando carte ingiallite e ormai senza valore da cui si evince che per un certo periodo le beghe padane hanno avuto il sopravvento sugli interessi del movimento.

Ora si legge su qualche giornalone che Salvini e Bossi sono ai ferri corti per motivi di bassa bottega: Umberto reclama soldi per il mantenimento della sua squadra, mentre Matteo non ha più un euro in tasca, avendo speso anche l'ultimo spicciolo per la campagna elettorale. Cosa ci sia di vero in questo non è dato sapere. Ma non crediamo che le eventuali schermaglie al vertice delle camicie verdi finiscano in tribunale. D'altronde, se il Senatùr è in bolletta - lui, famiglia e cerchio ex magico - lo è ancora di più Alberto da Giussano. Cosicché siamo di fronte a due povertà che sommate non fanno una ricchezza ma una grande miseria.

I quattrini non sono mai caduti dal cielo sulle segreterie. Un tempo piovevano in abbondanza dai forzieri dello Stato attraverso il cosiddetto finanziamento pubblico che, a furor di popolo (anche leghista), è stato abolito incautamente. Ciò sta provocando - ha già provocato - un fenomeno nuovo e drammatico: l'impoverimento della politica che i responsabili della medesima saranno costretti a contrastare col furto, le bustarelle, le tangenti. Infatti, senza quattrini non si fa niente in alcun campo, nemmeno in quello della beneficenza. Troppa demagogia accelera il processo di distruzione del sistema democratico, quindi anche dei movimenti che amano definirsi rivoluzionari.

I nordisti si sono battuti quanto i pentastellati di Grillo contro la disinvoltura con cui onorevoli, senatori e affini attingevano denaro pubblico senza curarsi se venisse speso bene o male. Avevano ragione. Ma anziché regolare la materia in modo che le palanche si prelevassero e si spendessero in misura adeguata alle esigenze, si sono impegnati affinché si chiudesse del tutto il rubinetto. E adesso? Chi alimenta il baraccone e lo tiene in piedi per garantire un minimo di vita democratica? Prosciugata la fonte, i partiti saranno obbligati a crepare di sete e di fame. Altro che sperperare: non avranno neanche l'indispensabile per tirare avanti. Bossi resterà all'asciutto, lui e tutti coloro che alla politica hanno dedicato l'esistenza, pensando che le scorte di liquidi fossero infinite.

Matteo Salvini col poco di cui dispone non potrà fare miracoli, come non li faranno i suoi colleghi dell'opposizione e della maggioranza. I politici forse non sono completamente stupidi, ma autolesionisti sì. Vent'anni fa si privarono volontariamente dell'immunità parlamentare, e si è visto cosa è accaduto: ne vanno in galera una moltitudine, tra ladroni e ladri di galline, indifferentemente. Recentemente si sono castrati progettando la cancellazione dei finanziamenti pubblici. Tra non molto o gratteranno ancora di più sugli appalti o andranno a ramengo.

Fine della pacchia? No, fine della logica. Lo stesso Berlusconi non scuce un euro. Il Pd licenzierà parecchi dipendenti o si farà foraggiare dalle Coop. La Lega e gli altri si arrangeranno con le briciole, poi accarezzeranno l'idea del suicidio. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

Caro Bossi, forse non meritavi l'indigenza, ma anche tu non sei innocente.

 

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