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Liti e dispetti, Italia irrilevante. Conte e Di Maio faccia a faccia

Il ministro degli Esteri prosegue ad Algeri il suo tour surreale. Poi dal premier dopo il pasticcio con Serraj

Liti e dispetti, Italia irrilevante. Conte e Di Maio faccia a faccia

Se il vertice di ieri su Libia e crisi Usa-Iran tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio con la partecipazione telefonica del ministro della Difesa Lorenzo Guerini - è stato un tentativo di superare rivalità e rancori personali, chiarendo ragioni e torti allora il chiarimento non è stato certo facile. Le buone ragioni di Conte e Di Maio restano infatti rare ed esigue mentre sul fronte dei risultati il deserto è reso ancor più desolante dall'imbarazzante fallimento di Conte rimasto con il cerino in mano dopo il tentativo di doppio vertice con i duellanti libici Fayez al Serraj e Khalifa Haftar. Un fallimento a cui ieri Conte ha cercato di mettere una pezza incontrando in tarda serata il ministro dell'Interno di Tripoli Fathi Bashaga.

Sul fronte della Farnesina continuiamo ad assistere, invece, alla girandola di partenze di un ministro degli Esteri impegnato in consultazioni e missioni diplomatiche di cui resta arduo discernere l'obiettivo e il disegno politico. Missioni nelle quali Di Maio sembra muoversi in una bolla surreale, slegata dagli avvenimenti che lo circondano e lo scavalcano. «In questo momento siamo di fronte a un'occasione storica di lavorare insieme ai Paesi vicini alla Libia per trovare una soluzione al cosiddetto cessate il fuoco che è il nostro obiettivo principale» ha dichiarato ieri dopo un incontro con l'omologo Sabri Boukadoum ad Algeri, quarta tappa di una missione che lo ha visto a Bruxelles, Istanbul e al Cairo. Peccato che l'obbiettivo del cessate il fuoco sia già stato raggiunto da Vladimir Putin e da Recep Tayyp Erdogan che nel vertice di mercoledì a Istanbul ne hanno fissato l'inizio per la mezzanotte di domenica. Un'intesa confermata ieri dal premier di Tripoli Fayez Al Serraj.

La lista delle incongruenze, delle sviste e degli errori inanellati dalla coppia Conte-Di Maio parte, però, da molto più lontano. Sulla Libia il peccato originale è tutto di un Conte che nel novembre 2018, all'epoca della conferenza di Palermo e del suo primo mandato, trasformò il generale Khalifa Haftar da recalcitrante invitato a ospite d'onore facendo infuriare una Turchia che, da allora in poi, ha fatto di tutto per estrometterci da Tripoli. Volendo partire dalle questioni al centro del chiarimento difficile, invece, sorvolare sulle distrazioni di un Di Maio che all'indomani dell'uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani anteponeva gli incontri con Zingaretti e le questione degli espulsi dai Cinque stelle alle riflessioni sul ruolo internazionale dell'Italia.

La medaglia per la cantonata diplomaticamente più plateale spetta comunque a un Conte persuaso di poter uscire dall'irrilevanza negoziale invitando nello stesso giorno a Palazzo Chigi due nemici come il generale Haftar e il premier di Tripoli Serraj. Ma a rendere più improbabile quel doppio incontro, concorrendo al clamoroso dietro front di Serraj, ha contribuito non poco l'iperattivismo di Di Maio protagonista, sempre mercoledì, di un vertice al Cairo con Egitto, Francia, Grecia e Cipro ovvero quattro paesi schierati sul fronte opposto rispetto a Tripoli e Turchia.

Del resto a rendere particolarmente evidente l'irrilevanza dell'Italia affidata all'ex-professore e all'ex-steward da stadio ci aveva già pensato il segretario di Stato Usa Mike Pompeo prontissimo nell'escludere Di Maio dalla ristretta lista di alleati europei con cui ha discusso la crisi Iran-Usa. Uno smacco non da poco per un'Italia che in Irak schiera il contingente militare più numeroso dopo Washington.

E a rendere il tutto più surreale ci ha pensato ieri un Conte puntualissimo nel sollecitare un colloquio telefonico con il presidente iraniano Hassan Rohani proprio mentre prendeva corpo l'ipotesi che dietro l'abbattimento dell'aero di linea ucraino, costato la vita a 176 passeggeri, ci sia stato un missile lanciato per errore dalla contraerea di Teheran.

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