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L'odio social contro il gigante buono "La mia emozione per lo stadio vuoto"

Il cantante americano Sergio Sylvestre ha sbagliato l'inno. Proteste sul web anche per il pugno chiuso e il grido "no justice, no peace"

L'odio social contro il gigante buono "La mia emozione per lo stadio vuoto"

Guai a sbagliare l'Inno perché, quando capita, apriti cielo. L'altra sera è successo a Sergio Sylvestre, un gigante buono che ha vinto Amici nel 2016 e poi l'anno successivo ha partecipato al Festival di Sanremo e che ripete da sempre di aver trovato in Italia «il posto ideale». Prima della finale di Coppa Italia all'Olimpico di Roma, ha iniziato a cantare in tribuna sotto gli occhi del ct Roberto Mancini e in una sola esibizione ha scatenato due polemiche. La prima perché si è inceppato prima del verso «le porga la chioma», poi però cantato a dovere. E poi perché ha concluso l'esibizione con un pugno chiuso stile Tommy Smith e John Carlos a Mexico '68 e la frase urlata «No justice, no peace» che rimanda alla campagna #Blacklivesmatter post omicidio di George Floyd.

Insomma Sergio Sylvestre non era manco uscito dallo stadio che i social si erano già scatenati contro di lui in una vendemmia di insulti a metà tra l'indignazione patriottica, il razzismo più becero e la pesante goliardia. Per molti, «è stato ucciso l'Inno d'Italia», anche se non è la prima volta che capita. Non solo tanti calciatori in passato hanno dimostrato di non conoscerlo, ma anche Katia Ricciarelli nel 2012 aveva sbagliato a cantarlo.

In poche parole, l'Inno è una garanzia di polemiche, specialmente a questo giro nel quale lo ha cantato un americano che, oltretutto, lo ha pure sbagliato. Comunque, giusto il tempo di arrivare in camerino e, attraverso la forma più immediata di giustificazione (ossia la Instagram story) Sergio Sylvestre ha spiegato che «mi è venuta una tristezza molto forte». In effetti, lo scenario davanti al quale ha cantato era surreale: uno stadio completamente vuoto, l'eco smarrito, i pochi presenti a debita distanza. Sergio Sylvestre rasenta i due metri e ha una voce poderosa ma è un trentenne di candida ingenuità, totalmente distante dai cliché tipici di chi frequenta le classifiche pop. Figlio di una messicana e di un haitiano, è nato a Los Angeles e ha deciso di stabilirsi in Italia dopo un viaggio in Salento. Bella vacanza e subito un posto di lavoro da cantante al Samsara Beach di Gallipoli. Dopo neanche due anni, la vittoria ad Amici, e immediato successo popolare con tanto di collaborazioni con J-Ax e Fedez.

Sembrava fatta, ma poi questo ragazzone ha iniziato a dosare le apparizioni fino a un paio di settimane fa, quando è uscita la sua Story of my life con Alborosie. Adesso nella «story» della vita di Sergione c'è anche il groviglio di polemiche nel quale si ritrova. Sylvestre è «un ragazzo, un artista americano che si è innamorato perdutamente del nostro Paese quando 10 anni fa è andato in Salento» aveva certificato Luigi De Siervo amministratore delegato della Lega Serie A annunciando chi avrebbe cantato l'Inno. Invece Salvini ieri sera ha subito commentato sui social: «Inno sbagliato e pugno chiuso, ma dove lo hanno trovato? Povera Italia» prendendosi una bordata di like e la risposta (ieri) del cantante: «A Salvini dico che dovrebbe informarsi meglio». Ossia: «Dovrebbe cercare di capire che cosa significhi quel pugno o un movimento come Black Lives Matter». E per spiegarsi meglio Sylvestre racconta che a Los Angeles la polizia, quando lo fermava in auto, gli chiedeva subito dove avesse rubato la macchina: «Mio padre è un urologo e, vista la mia taglia, la mia macchina era grande, bella».

Oggi invece si ritrova in una polemica molto più grande di lui, che è già grande, e così immeritata da chiedersi per quale motivo, invece di scegliere un cantante più esperto a gestire emozioni come l'inno in uno stadio, si sia puntato su di un artista giovane e oggettivamente non pronto.

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